Ecco perché i Pfas fanno invecchiare: “Ossa più fragili”
I Pfas fanno paura. Un altro studio spiega come gli “inquinanti eterni” aggrediscono la salute e fanno invecchiare precocemente il nostro scheletro. Lo dimostra la ricerca condotta su 1.174 persone della “zona rossa” del Veneto, interessata dal disastro ambientale provocato dall’ex Miteni di Trissino. Il pool di ricercatori guidato dall’endocrinologo di fama Carlo Foresta (nella foto), emerito dell’Università di Padova, studioso delle ripercussioni delle sostanze perfluoroalchiliche sugli individui, con la partecipazione di esperti dell’ospedale di Vicenza e del Consorzio per la ricerca universitaria del Veneto, ha pubblicato sulla rivista internazionale Chemosphere i risultati che dimostrano che i Pfas “rendono le ossa più fragili e si riscontra l’osteoporosi anche nei giovani”, come se fossero diventati all’improvviso anziani. Un dato inquietante che accerta come l’esposizione prolungata ai Pfas – che nel Vicentino sono stati prodotti dal 1963 al 2016 – “altera il metabolismo osseo modificando i livelli di calcio”. Questa conseguenza non è che l’ultima scoperta del prof. Foresta e dei suoi ricercatori, i quali da una decina d’anni sono impegnati nello studio delle conseguenze della contaminazione da Pfas sulla salute dei più giovani nei 30 Comuni della zona rossa (fascia A e B). Altri 12 municipalità sono ricomprese nella fascia arancione, mentre 45 in qualla gialla. I Pfas è assodato che interferiscono con la fertilità: sui maschi riducono la concentrazione degli spermatozoi, rendono i testicoli più piccoli e riducono le distanze ano-genitale: bloccano il recettore del testosterone e modificano l’attività del 50%, come in più occasioni ha sottolineato il prof. Foresta. Nella donna, invece, interferiscono a livello endocrino e alterano il recettore del progesterone. Così mentre in Corte d’Assise a Vicenza proseguono le requisitorie private delle quasi 200 parti civili che finora hanno chiesto danni per quasi 110 milioni nei confronti delle multinazionali giapponese Mitsubischi e lussemburghese Icig, che tramite i loro 15 manager a processo per disastro ambientale, inquinamento delle acque e altro ancora – per 9 dei quali i Pm Fietta e Blattner hanno sollecitato 121 anni di reclusione -, le ricerche mediche comprovano la gravità della ricaduta di queste sostanze chimiche sulla salute collettiva. Sul punto il prof. Foresta osserva che “una delle più frequenti manifestazioni cliniche riscontrate in soggetti esposti anche a bassi livelli di Pfas è l’osteoporosi, una maggior fragilità dell’osso tipica dell’invecchiamento, ma che si può già manifestare in giovane età laddove si sia esposti anche a basse concentrazioni di queste sostanze”. A dare voce alla preoccupazione dell’opinione pubblica, oltre all’azione continua del movimento delle Mamme No Pfas, che dal 2017 tengono alta l’attenzione su un fenomeno della massima gravità, è anche Andrea Nardin, presidente della provincia di Vicenza, che in tribunale ha detto che “nulla ci ripagherà del danno che abbiamo subito e delle conseguenze che ancora adesso ogni cittadino continua a pagare a causa dei Pfas”. Del resto, la bonifica del sito Miteni non è ancora stata eseguita e la contaminazione continua incessante la sua opera perniciosa a livello ambientale. Tornando allo studio sulle ripercussioni dei Pfas sulla salute pubblica, il prof. Andrea Di Nisio di UniPd e università Pegaso, stima che “l’aumento del calcio circolante può essere dovuto a un aumentato assorbimento intestinale mediato dalla vitamina D, a un aumento del paratormone oppure a un maggior rilascio di calcio dai siti di deposito. E il più grande deposito di calcio del corpo umano è proprio lo scheletro”. Più di un campanello d’allarme, dunque, perché aggiunge il prof. Foresta “abbiamo spiegato questo effetto dimostrando un’attività negativa dei Pfas sul recettore della vitamina D, ormone che favorisce la calcificazione dell’osso e l’assorbimento intestinale del calcio dalla dieta, nonché un deposito di queste sostanze nell’idrossiapatite, la principale componente inorganica dello scheletro, dove lega il calcio stesso favorendo la solidità ossea”. Insomma, i Pfas sono dannosi per la fertilità e per le ossa, perché accumulandosi alterano la nostra fisiologia. Seppur importanti in molte produzioni industriali, i Pfas, anche quelli di nuova generazione, come quelli prodotti ad Alessandria dall’ex Solvay, restano i nemici invisibili della salute e dell’ambiente, tanto che in molti Stati europei vogliono metterli al bando. “Serve una legge della Ue”, concludono le Mamme No Pfas.
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