Attualità

IL QUADRATO MAGICO – Un buon critico Tv oggi sarebbe grasso che cola

di Dino Giarrusso -


Il grande geologo Haroun Tazieff nel 1972 scrisse un saggio assolutamente geniale: L’Etna et les volcanologues, dove oltre a narrar le meraviglie del più alto vulcano attivo d’Europa, ironizzava con grazia sui vulcanologi locali e i loro metodi. Valutando chi scrive oggi di televisione in Italia, vien voglia di rimboccarsi le maniche e scrivere un saggio dal titolo La télévison et les critiques, sempre ricordando che anche il peggiore vulcanologo presente nel ’72 in Sicilia era più onesto, più autorevole, più corretto e più competente del critico televisivo del primo quotidiano italiano nel 2025. La critica, in Italia, era qualcosa di importante, stimolante, utile per chiunque la leggesse, centrale nel dibattito culturale. Critica cinematografica, musicale, letteraria, critica d’arte, critica televisiva. Mi manca tanto Beniamino Placido, la sua schiettezza, la sua onestà, la capacità di raccontare a chi si era perso un programma ciò che aveva perso, mentre spiegava a chi lo aveva visto il valore (o il disvalore) di ciò che aveva visto. Ricordo uno Speciale per voi di Renzo Arbore (lui mi manca ancora di più!) dove ospite era Lucio Battisti. Nel format l’ospite canoro veniva pungolato dai ragazzi presenti e da un critico, che nella puntata con Battisti era Renzo Nissim. Battisti era già un mito, aveva venduto milioni di dischi e faceva sognare milioni di ragazzi (e non solo), ma lì con modestia –e vincendo la sua atavica timidezza e la scarsa o nulla abitudine alle esibizioni dal vivo- cantava e rispondeva a domande, osservazioni, critiche anche pungenti. Nissim lo tratta come dovrebbe fare un critico: esaltando ciò che apprezza ed esponendo senza remore anche le opinioni negative. Dopo aver detto che chi non sa cantare può anche scrivere i suoi messaggi, attacca: “Scusate se sono impertinente, ma sono abituato a dire la verità” “la sua verità”, ribatte Lucio. “La mia verità, questo va da sé. Battisti non ha una voce gradevole: ha talento, ha energia e grinta, sa entusiasmare, ma quanto a voce non ne parliamo proprio”. Battisti accusa il colpo ma risponde con un guizzo d’orgoglio: “Ma insomma: io propongo delle cose, vi piacciono, vi emozionano, sì o no?” “Sì!” “Bene, sotto maestro con la base!”. Questa era la critica televisiva, questo era il rapporto di una star col pubblico e coi critici, questa era l’Italia del 1970 e la sua TV. Educazione nei modi, confronto aperto anche quando aspro, onestà intellettuale e capacità di ascoltare gli altri. Oggi ci sono clan, giornalisti vicini ad un’agenzia che non possono parlare male di altri di quell’agenzia oppure non li chiameranno più in trasmissione e addio gettoni di presenza, cantanti permalosi, critici adoranti e massacratori per principio. E poi c’è ancora quello lì, scarso come pochi altri, che si finge critico televisivo ma usa il suo misero potere per bastonare chi non gli va a genio, che sia un personaggio TV, un politico, un programma, chiunque. Forse il saggio alla Tazieff dovremmo chiamarlo La TV et les critiques ridicules.


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