Editoriale

Weidel e Schlein, così vicine così lontane

di Laura Tecce -


Alice Weidel, segni particolari: lesbica. Donna, ma questo per la Germania non è una novità visto che per anni a dominare la scena politica tedesca è stata Frau Merkel, ha una compagna originaria dello Sri Lanka, insieme hanno adottato due bambini e vivono felicemente in Svizzera. Questo è il ritratto, propedeutico a qualsiasi altra considerazione di carattere politico, che i grandi giornali mainstream forniscono da giorni della leader di Alternative für Deutschland. Classe 1979, laurea cum laude in Economia, analista per Goldman Sachs, iscritta ad AfD sin dalla sua fondazione, è colei che ha reso possibile all’estrema destra in Germania di ottenere il miglior risultato dal secondo dopoguerra. Ma, appunto, tutto questo passa in secondo piano rispetto al suo orientamento sessuale. Non che utilizzare il termine ‘lesbica’ sia un’offesa, tutt’altro, ma non ci sembra che sia stato utilizzato dagli stessi organi d’informazione con tale enfasi, addirittura nella titolazione o nell’attacco del pezzo, per descrivere Elly Schlein. Che, come Weidel, sta con una donna e ha la cittadinanza elvetica. Perché sì, anche il fatto che la numero uno di AfD viva in Svizzera e non in Germania è motivo di attacco. Strumentale ovviamente, proprio come l’indugiare, morboso e petulante, sui dettagli della sua vita privata. Anche perché la stessa Weidel ha tenuto a precisare di “essere di destra” per la sua omosessualità, non “nonostante”, spiegando che “la più grande minaccia per gli omosessuali” provenga dai migranti musulmani non certo da AfD, che anzi sarebbe il “garante dei diritti degli omosessuali” in Germania. Quindi discorso chiuso? Niente affatto: per i soliti noti, Alice è una contraddizione vivente. Il gran giurì del politically correct ha infatti da tempo decretato che non si possa essere gay o lesbica ed essere di destra e, soprattutto, non si può avere una relazione con una persona dello stesso sesso e vivere serenamente se non si è a favore della propaganda gender nelle scuole, se non ci si scatena su un carro del gay pride sulle note di Maracaibo, se non si utilizza lo schwa e se non si butta in mezzo ad ogni comizio la parolina magica “inclusività”. Come fa la nostra Elly. Che però, le va dato atto, cavalcando le tematiche Lgbtqi+ ha riportato il Pd oltre la soglia psicologica del 20 per cento. Stessa percentuale che AfD ha ottenuto alle elezioni legislative del 23 febbraio, raddoppiando i consensi rispetto alle precedenti consultazioni, vincendo in tutti in tutti gli stati federali della Germania orientale e per la prima volta anche in due circoscrizioni della Germania Ovest. E poi il risultato da capogiro in Turingia, dove il partito di ultradestra ha raggiunto quasi il 40 per cento. Record che però non ha sorpreso più di tanto: a differenza di Schlein, Alice Weidel “l’abbiamo vista arrivare”. E dietro alle ragioni del successo non ci sono solo posizioni ideologiche chiare e indiscusse capacità di leadership della stessa, apprezzata come è noto da vari esponenti dell’amministrazione Trump come il vicepresidente J.D.Vance e Elon Musk, che l’ha chiamata per complimentarsi della vittoria (e che l’aveva intervistata lo scorso gennaio su X). Non è infatti un caso l’exploit nei länder dell’ex DDR, storicamente aree economicamente più svantaggiate, dove tasso di disoccupazione, basso reddito e immigrazione illegale sono ovunque elementi che oggi portano a votare a destra a prescindere da qualsiasi altra considerazione su orientamenti sessuali vari ed eventuali.


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