Voto in Germania: uno spettro si aggira per l’Europa, o più di uno?
Uno spettro si aggira per l’Europa, e più di uno – forse più di cento – in Italia. Le elezioni tedesche, con la vittoria della rediviva CDU (comunque al suo secondo peggior risultato di sempre), il crollo della SPD e la crescita netta ma non decisiva dell’AfD, mettono questo spettro al centro della scena. È lo spettro del fascismo? No, quello è più di moda in Italia, da anni ormai, tanto che a furia di evocare “Al lupo! Al lupo!” come nella favoletta, è diventato difficilissimo distinguere i nostalgici dal resto. Non è nemmeno lo spettro del nazismo, sebbene AfD venga percepito da molti come un partito neo-nazista, e faccia pochissimo per smentire questa fama. Non è – e ci mancherebbe altro! – il marxiano spettro del comunismo, che dal canto suo non è affatto di moda in Europa, ma in Germania ha segnato un 8,8% con Die Linke, raddoppiando quasi i propri consensi (stava al 4,9%). Lo spettro è quello della fine di un vecchio equilibrio, di quello status quo che in qualche modo ha garantito decenni di stabilità all’Europa e al mondo.
Trump è un repubblicano, fa parte del partito che più spesso ha eletto il POTUS, ma è un personaggio talmente fuori dagli schemi politici e comunicativi tradizionali da rappresentare paradossalmente un pericolo concreto per la conservazione che normalmente persegue il Partito Repubblicano. Lo spettro del terremoto politico è un autentico fantasma, così concreto e così incorporeo ad un tempo da gettare nel panico politici e commentatori, ed i loro punti di riferimento imprenditoriali e sociali.
In Italia, dove appunto da un lato si tollerano manifestazione nostalgiche del ventennio e dall’altra si dà del fascista quasi a caso, come se si dicesse “scemo!” (i cinquestelle ieri, la Picierno oggi: quasi a nessuno è stata risparmiata quest’accusa), gli equilibri tradizionali sono già da tempo traballanti. Se il M5S ha avuto successo quando veniva percepito come autentica forza di rottura (33%, undici milioni di voti, 340 parlamentari eletti), oggi FdI vive una doppia vita, essendo contemporaneamente garante di equilibri antichi e solidi da un lato, e protagonista quantomeno mediatico della rottura e del cambiamento dall’altro. Ma Giorgia Meloni non è la Veronique di Kieslowskj, e nella realtà è da tempo nel palazzo: già ministra con Berlusconi, fa politica dai tempi del liceo.
Eppure il racconto è proprio questo: Giorgia contro tutti, Giorgia come Trump, Giorgia underdog vincente. Come tutti i racconti ha almeno un fondo di verità, essendo l’Italia un paese fondamentalmente a maggioranza destrorsa ma con una grande influenza di sinistra, invece, nel mondo della comunicazione, dei giornali, del cinema e dell’arte in generale. Questo strabismo d’analisi della realtà torna nei commenti al voto tedesco: Tajani dice che loro (FI è con CDU nel PPE) hanno fermato il populismo salvando la Germania. Da chi, però? Dagli amici del suo alleato Salvini, che infatti esulta per il risultato di AfD, come del resto Musk e in parte Trump. La sinistra non è pervenuta, ammesso che una sinistra italiana esista (come coalizione, pare sempre più evanescente: ecco un altro spettro!), e commenta con parole di circostanza, spesso esultando perché i nazisti non andranno al governo. Ma se sono nazisti, e se quei nazisti hanno preso il 20%, è davvero il caso di esultare? Anche quando il tuo riferimento politico in Germania (la SPD) fa il peggior risultato della sua storia? I cinquestelle dal canto loro avevano accolto Sara Wagenknecht alla loro convention di trasformazione nel partito di Conte senza garante, ma pare che questa ospitata non abbia portato fortuna: il partito rossobruno rimane fuori dal Bundestag per una manciata di voti. I verdi vanno pure loro molto male e addio coalizione semaforo.
Chi ama l’Italia potrebbe auspicare che Meloni condanni senza se e senza ma ogni estremismo, e accompagni quest’ondata di destra in Europa con responsabilità, ricordando che –appunto- la CDU è il partito degli alleati forzisti, e che la democrazia non è negoziabile: avrebbe solo da guadagnare a livello di immagine. E poi si potrebbe sperare che tutto ciò che non è destra, oggi, sapesse organizzarsi e offrire una rappresentanza – e dunque una speranza – a chi è sfiduciato non solo dal governo ma anche dall’opposizione. Perché ricordiamolo: in Germania ha votato l’84% dei tedeschi, in Italia fatichiamo ormai ad arrivare al 50%. E lo spettro del disinteresse è il più pericoloso fra quelli che si aggirano per l’Europa.
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