Storie

L’impronta italiana in Francia: storia, contributi e memoria

di Vincent Sinacola -

Angelo Tommasi (1858-1923), Gli emigranti, 1896 Huile sur toile, 262 × 433 cm: una della opere che sarà in esposizione dal 28 Marzo fino al 10 settembre in occasione della mostra "Ciao Italia!" che si terrà al Museo nazionale della storia dell'Immigrazione di Parigi e che passerà in rassegna un secolo, dal 1860 al 1960, degli italiani in Francia, Parigi, 27 Marzo 2017. ANSA/ UFFICIO STAMPA/ © Rome, Galleria Nazionale d?Arte +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++


L’inaugurazione recente di un monumento nazionale dedicato all’immigrazione italiana nella città di Nogent-sur-Marne, in Francia, offre un’occasione preziosa per ricordare i contributi significativi dell’immigrazione italiana. Mentre l’unità politica della Penisola prende forma con la proclamazione del Regno d’Italia nel 1861, inizia uno dei più importanti movimenti migratori della storia: per un secolo, 26 milioni di italiani lasciano il Paese, tra loro una parte significativa sceglierà la Francia come terra d’accoglienza. La Francia, per la vicinanza geografica, il deficit di popolazione e i suoi bisogni di manodopera, diventa rapidamente destinazione privilegiata. Da 63.000 nel 1851, il numero di italiani passa a 240.000 nel 1881, poi a 330.000 nel 1901, diventando la prima nazionalità straniera nell’Esagono. Alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, sono 420.000, il 36% degli stranieri e più dell’1% della popolazione francese. Il numero continua ad aumentare per raggiungere la cifra record di 800.000 nel 1931 ovvero il 7% della popolazione francese. Le origini di questi immigrati evolvono nel tempo. Prima del 1914, sono principalmente originari del Nord Italia: 28% piemontesi, 22% toscani, 12% lombardi. Dopo la Grande Guerra, i veneti rappresentano il 31% degli ingressi. In seguito, dopo il 1946, sono i meridionali a diventare maggioritari (59%). Anche la distribuzione geografica evolve: inizialmente si stabiliscono per due terzi nel Sud-Est, nel 1911 un quarto della popolazione marsigliese è di origine italiana. Tra le due guerre, è il turno della regione parigina di guadagnare in attrattività, mentre le industrie e le miniere della Lorena e del Nord attirano una popolazione largamente non qualificata, pronta ad accettare i lavori più pesanti e meno remunerati. Il contributo di questa immigrazione allo sviluppo della Francia è considerevole: gli italiani hanno giocato un ruolo cruciale nell’industrializzazione e nella ricostruzione post-bellica. Il loro apporto è stato decisivo nell’industria siderurgica in Lorena e nelle miniere di ferro; nelle miniere del Nord e dell’Est; nella costruzione della rete ferroviaria e nell’industria automobilistica. Gli italiani rappresentavano la manodopera a basso costo, qualificata e pronta a fare ogni tipo di lavoro. A quell’epoca, l’industria edile richiedeva molta più manodopera che capitale: il settore edile e dei lavori pubblici ha ampiamente beneficiato dell’esperienza italiana in muratura e taglio della pietra. Dal 1919, gli italiani sono i primi beneficiari della ricostruzione nel Nord-Est: nel 1927, rappresentano il 58% della popolazione straniera nell’edilizia. Gli immigrati italiani hanno partecipato alla costruzione di grandi opere e progetti, come la diga di Tignes, il tunnel del Fréjus, la metropolitana parigina, il quartiere della Défense. Arrivati prima come operai, si sono poi evoluti e hanno creato numerose Pmi a base familiare assumendo poi nuovi migranti dalle loro regioni di provenienza. L’endogamia migratoria è ciò che ha conferito una grande coesione sociale all’interno di queste piccole imprese e ha contribuito al loro successo. Tale era il caso delle imprese della città di Nogent-sur-Marne, dove gli italiani costituivano la metà della manodopera straniera. Altro settore importante in cui gli italiani hanno lasciato l’impronta è l’industria mineraria. Dopo i belgi e i polacchi, sono gli italiani che si stabiliscono al Nord per lavorare nelle miniere. A quell’epoca, a causa della durezza della loro vita, la coesione sociale aveva una grande importanza, è da questo periodo che data la creazione di numerose associazioni e di feste italiane, per far passare la nostalgia. D’altronde in Belgio una delle feste italiane (“La Giornata Italiana”) si svolge ancora ogni anno sul sito della miniera di Blegny, un modo per rendere omaggio ai lavoratori. Il contributo degli italiani si fa sentire anche nel settore agricolo, in cui hanno sviluppato la coltura orticola, particolarmente intorno a Marsiglia e Parigi, apportando il loro know-how. Il loro contributo all’industria vinicola, in particolare nel Sud-Ovest, è stato anche significativo. Non meno rilevante è stato l’apporto culturale, per il quale si rende necessario uno specifico approfondimento.


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