Economia

Antonio Amato (Federmanager Roma): “Per rilanciare l’Italia innovazione, sostenibilità e competitività globale”

di Dino Giarrusso -


Antonio Amato, nuovo Presidente di Federmanager Roma, come agirà nel prossimo triennio?
“Sono orgoglioso di presiedere Federmanager Roma, punto di riferimento sempre più importante per il management industriale del Lazio, con oltre 10.000 iscritti. I principali obiettivi che perseguirò con la nuova governance riguardano le politiche attive del lavoro, le politiche di genere e quelle giovanili, per favorire la diffusione di una cultura manageriale moderna e inclusiva, orientata all’innovazione e al confronto costruttivo tra generazioni. Proseguiremo l’impegno nelle relazioni istituzionali a livello locale e intensificheremo la partnership con Unindustria sul fronte relazioni industriali. Tutto questo richiederà un impegno corale e sarà possibile solo grazie al prezioso contributo delle nostre RSA (Rappresentanze Sindacali Aziendali), dei Coordinamenti dei nostri Senior, delle Colleghe e dei nostri Giovani Manager. Andremo a comporre gruppi di lavoro sulle diverse tematiche d’interesse della categoria. Punterò su un lavoro di squadra improntato allo spirito di collaborazione tipico dei manager, per agire nell’interesse dei colleghi e della crescita della nostra categoria anche a beneficio dei nostri stakeholder”.

Dati economici in chiaroscuro e incombe la minaccia dazi. Che proponete per far ripartire il Paese?
“L’Italia ha bisogno di un piano strategico basato su tre pilastri: innovazione, sostenibilità e competitività internazionale. Serve stimolare investimenti in tecnologie emergenti, rafforzare le filiere produttive nazionali e garantire accesso più equo ai mercati globali. Il rischio dei dazi impone maggiore autonomia industriale: ridurre la dipendenza da importazioni critiche, valorizzare Made in Italy e dar sostegno alle esportazioni. Inoltre semplificare la burocrazia e formare nuove competenze, affinché le nostre imprese siano più reattive e resilienti”.

Lei è un esperto di energia e ESG: noi paghiamo l’energia più cara d’Europa, che fare?
“Quel costo è un freno alla competitività delle nostre aziende. Servono tre azioni fondamentali: diversificazione delle fonti, investimenti in rinnovabili, maggiore efficienza nei consumi. Acceleriamo la produzione interna di energia pulita per ridurre la dipendenza estera, e incentiviamo le imprese ad adottare tecnologie anti-spreco. Serve anche una revisione della fiscalità sull’energia, aiutando le imprese strategiche e favorendo concretamente la sostenibilità e la transizione energetica senza penalizzare produttività e competitività. Una transizione green giusta che non lasci nessuno indietro e sia anzi un business. La Commissione Federmanager per le Politiche Industriali che coordino da due anni e fu fortemente voluta dal Presidente Walter Quercioli, intende portare all’attenzione delle Istituzioni preposte analisi, azioni e soluzioni realizzati dalle migliori competenze manageriali, per contribuire alla Crescita del Paese e favorire un confronto fattivo sui principali temi d’attualità, a cominciare dalla crisi energetica”.

ESG (Environment sustainability governance), ma soprattutto DEI (Diversity equity inclusion) sono oggi in discussione. Un manager come concilia etica ed efficienza?
“Un manager moderno sa che sostenibilità e inclusione sono sia principi etici che fattori di competitività. Un’azienda che integra pratiche ESG e DEI è più attrattiva per talenti e investitori, riduce i rischi e migliora la propria reputazione. L’efficienza non deve essere intesa solo come riduzione dei costi, ma come capacità di valorizzare risorse umane e naturali in modo strategico. L’obiettivo è aziende più agili, innovative e socialmente responsabili, in cui l’etica diventa un driver di crescita. Unità, coesione e condivisione in un ambiente di lavoro in cui le diversità siano opportunità di sviluppo”.

Cosa vuol chiedere al governo per le imprese e i manager?
“Chiedo di mettere i manager al centro delle politiche industriali. Un piano che favorisca l’innovazione, riduca il peso fiscale e sostenga formazione e ricerca continua. Vogliamo aziende in condizioni di competere a livello internazionale senza ostacoli burocratici e con incentivi adeguati. Fondamentale è creare un ambiente normativo stabile e prevedibile, che dia fiducia agli investitori e consenta alle imprese di pianificare strategie di lungo termine. Inoltre si incentivi la Managerializzazione delle PMI, ossatura del nostro tessuto imprenditoriale. Per aumentare il PIL bisogna spingere sullo sviluppo economico e investire su competenze e alte professionalità manageriali, favorire ingresso e crescita del management femminile nel mondo del lavoro, creare un confronto generazionale orientato al trasferimento del know-how unito alla visione innovativa delle giovani generazioni”.


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