Economia

Dazi, Ue-Usa il gioco si fa duro: fumata nera Ursula-Vance

di Giovanni Vasso -


Quando il gioco si fa duro, l’Ue si fa forza e si propone di giocare ma con gli Usa casca, al solito, male. Anzi, malissimo. Con le tariffe su acciaio e alluminio, che entreranno in vigore dal 12 marzo prossimo, la guerra dei dazi è iniziata. E Bruxelles avvisa tutti i Paesi membri: nessuno faccia di testa sua, il commercio “è una competenza esclusiva dell’Ue” e perciò per gli Stati si chiude ogni possibilità di giocarsela ciascuno per conto suo. Ursula von der Leyen ha messo bene in chiaro, prima di incontrare il vice presidente Usa James David Vance a Parigi, la sua condanna all’iniziativa di Trump di “imporre dazi sulle esportazioni europee di acciaio e alluminio”. Per Ursula “i dazi sono tasse: sono dannosi per le imprese, peggiori per i consumatori”. Si tratta, per la presidente della Commissione di tariffe “ingiustificate imposte all’Ue” che “non rimarranno senza risposta: faranno scattare contromisure ferme e proporzionate”. Il gioco si fa duro, dunque. E si atteggia a duro anche il portavoce della Commissione per il commercio, il signor Olof Gill che avvisa i Paesi membri: “Non possono negoziare per conto proprio”. Quindi: “Siamo in costante contatto con gli Stati in tutte le fasi e ci sarà una conference call organizzata per gli Stati membri organizzata dalla presidenza polacca, ci risulta che avrà luogo domani”. Resta, però, tutto in bilico, tutto incerto. Come le notizie che arrivano dagli Usa: “Non abbiamo dettagli”, ha affermato Gill. Che, tetragono, ha lanciato la sfida ai governi, specialmente quelli che già sognavano di far da sé: “È una verità fattuale – ha ricordato – che il commercio sia una competenza esclusiva a livello europeo, vale a dire della Commissione. Sono anche certo che il motivo per cui i nostri Stati membri hanno deciso di conferire questo potere alla Commissione, a livello europeo, è perché siamo più forti, agiamo con più incisività su scala mondiale quando lavoriamo uniti. E ci auguriamo che i nostri Stati membri lo terranno a mente quando formuleremo le nostre risposte nelle prossime settimane”. Chissà.

Il gioco si fa duro e nel pomeriggio, dopo aver incassato l’ultima mazzata della (telefonatissima) mancata firma americana sul protocollo per l’Ai sicura per tutti, inclusiva e accessibile, Ursula incontra proprio Jd Vance. Il vicepresidente, non il presidente. Politicamente, già questo sarebbe uno smacco. Nemmeno la consolazione di una telefonata con il titolare della Casa Bianca, come accaduto per Messico e Canada. Ma tant’è. L’incontro si è svolto in un clima che, sia Von der Leyen che Vance descrivono al limite della festosa rimpatriata tra amici che si vogliono tanto bene. “Grazie per la proficua discussione sulle sfide che condividiamo come alleati. Dalla sicurezza e stabilità alle grandi promesse della tecnologia e alla sfida critica della sovracapacità non di mercato. Speriamo di continuare a collaborare con il presidente Trump e con te”, ha scritto su X la presidente della Commissione Ue. Vance, da parte sua, ci ha tenuto a dare almeno un contentino a Bruxelles: “L’amministrazione Trump è stata molto chiara nel dire che teniamo molto all’Europa, vogliamo assicurarci che siamo effettivamente impegnati in una partnership di sicurezza che sia positiva sia per l’Ue che per gli Usa”. In filigrana si nota che entrambi hanno glissato sulla domanda delle cento pistole, sul tema caldissimo dei dazi. Mentre i due presidenti, pardon la presidente Ue e il vicepresidente Usa, si scambiavano complimenti pubblici, il presidente Eurofer, l’associazione delle imprese siderurgiche Ue, Henrik Adam, suonava il de profundis: “L’ordine esecutivo firmato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump che impone un dazio globale del 25% su tutte le importazioni di acciaio rappresenta un’escalation radicale della guerra commerciale lanciata sotto la sua prima amministrazione. Farà peggiorare ulteriormente la situazione dell’industria siderurgica europea, esacerbando un contesto di mercato già disastroso”. E non è tutto: “La perdita di una parte significativa di queste esportazioni – sottolinea Adam – non può essere compensato dalle esportazioni dell’Ue verso altri mercati. Inoltre, questa mossa rischia di causare nuove, significative deviazioni dei flussi commerciali. Nel 2024, gli Stati Uniti hanno importato circa 23 milioni di tonnellate di prodotti siderurgici da Paesi terzi diversi dall’Ue. È probabile – prevede – che questi volumi vengano ora massicciamente dirottati verso il mercato europeo”. Insomma, siamo sull’orlo del disastro. Perché, come ha spiegato Adam, “senza un immediato inasprimento dell’attuale regime di quote di salvaguardia, la situazione provocata dalle nuove tariffe sull’acciaio statunitensi spingerà inevitabilmente ad arrestare la capacità produttiva dell’Ue e, infine, alla chiusura” degli impianti.


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