A scuola con il velo, Monfalcone si adegua
Questione finita all’attenzione del Parlamento fin dalla XVIesima legislatura ma sempre rimasta irrisolta, talvolta affrontata da pubblici ministeri e tribunali in diverse città italiane con altalenanti interpretazioni, l’uso del niqab – il velo che copre l’intero volto della donna lasciando liberi solo gli occhi – riporta in primo piano il comune friulano di Monfalcone, città-cantiere navale per tanti anni prima delle accuse di alimentare una deriva razzista. All’istituto superiore Sandro Pertini, questa la notizia, prima di entrare in classe, in una stanza appartata, verso le ore 8, una referente di sede alzerà il niqab sul viso di cinque studentesse islamiche che per fede lo indossano a lezione e in ogni ambiente scolastico. Obiettivo della decjisione, la possibilità di riconoscere le studentesse e – dice al quotidiano Il Piccolo la dirigente Carmela Piraino – evitare che le difficoltà generate a scuola da questo stile di abbigliamento dettato dalla fede possano scoraggiarle nel proseguire gli studi.
E per ogni materia da seguire a scuola, la Piraino ha una soluzione: per frequentare le lezioni di ginnastica, ad esempio, le alunne a volto coperto e tunica fino ai piedi si sono adeguate ad indossare abiti alternativi a quelli tradizionali. Un’insegnante, poi, ha introdotto pure tra le discipline il badminton, sport diffuso nei Paesi di origine di alcune delle cinque studentesse, e un altro le ha dispensate dalla corsa.
Un’apertura che è accolta da qualcuna delle giovani ancora con incertezza riguardo al completamento del ciclo completo di studi. Nessun problema, invece, con i compagni di classe dai quali è venuto il riconoscimento della scelta culturale e religiosa che le ha spinte a vestirsi così.
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