Politica

Bettino Craxi, impossibile parlare dell’uomo senza farlo del politico

di Giuseppe Ariola -


Oggi usciamo ‘dal Palazzo’ e adiamo al cinema, per poi rientrarvi con un tuffo nel passato, dopo aver fatto tappa a Milano e ad Hammamet. Abbiamo infatti avuto il piacere di assistere all’anteprima nazionale del docufilm ‘Bettino oltre Craxi. Storia di un uomo’ trasmessa al cinema Moderno di Roma e realizzato in occasione del venticinquesimo anniversario della scomparsa del leader socialista. In una sala gremita di vecchi ‘compagni’, nostalgici e diversi parlamentari in carica, prima dell’inizio della proiezione, è stata la figlia dello storico segretario del Psi, Stefania Craxi, attualmente senatrice di Forza Italia, a spiegare come la pellicola voglia concentrarsi essenzialmente sul lato umano del padre. E in effetti è così, il tentativo del docufilm è chiaramene quello, ma più si va avanti nella visione e più la politica prende il sopravvento. Colpa del regista? Assolutamente no. La verità è che la politica è qualcosa di totalmente preponderante nella figura e nella vita di Craxi, il che rende non solo impervio, ma addirittura impossibile parlare dell’uno trascurando l’altra. Risulta evidente da tutte le testimonianze di amici, parenti e conoscenti che si avvicendano nel corso del documentario. Dalla moglie Anna, a Mara Venier, passando per Rita dalla Chiesa, Massimo Boldi, Fedele Confalonieri e il fotografo Lorenzo Cappellini, nessuno è riuscito a slegare Bettino Craxi dalla dimensione politica. Al contrario, tutti hanno confermato come la politica sia stata per lui totalizzante. Da sempre e per sempre. Da quando ha mosso, sotto l’ala protettrice di Pietro Nenni, i primi passi nella sua amata città, quella Milano che poi con il boom economico diventerà nota come “da bere”, a quando si è spento in Tunisia, dove – la pellicola ci tiene costantemente a precisare – non era un fuggitivo ma un esule. Un esule ripudiato dal Paese che ha contribuito a fare grande e potente, dalle istituzioni che con la vicenda Craxi hanno mostrato una delle loro più grandi contraddizioni, rendendolo un criminale in latitanza, ma offrendo alla famiglia i funerali di Stato. Un esule politico che ha vissuto per la libertà, non solo sua, ma per sostenerne questo diritto a favore di chiunque sulla faccia della terra. Dopo ‘politica’, libertà è infatti la parola più ricorrente del docufilm. La libertà in quegli anni negata dai regimi autoritari del sud America, come da quelli europei, per esempio in Grecia. La libertà di Israele a essere al sicuro, come quella della Palestina di esistere come Stato. Ma anche la libertà che i russi, con la compiacenza degli altri partiti comunisti, compreso quello italiano, volevano sottrarre al popolo ungherese. Chiave di volta e punto di svolta del pensiero di Craxi che da quel momento conduce il Partito Socialista Italiano sulla strada a senso unico dell’anticomunismo. Perché il socialismo è innanzitutto libertà. Libertà e lotta per il rispetto dei diritti umani. Quella libertà e quel rispetto tanto apprezzati dall’amico (ma non suo elettore) Lucio Dalla che nel corso di una cena con Craxi, in cinque minuti, scrive e gli dedica ‘Milano’. “Milano vicino all’Europa/Milano che banche che cambi/Milano gambe aperte/Milano che ride e si diverte”. La Milano che, come il resto d’Italia negli anni di Craxi al potere, cresce e vive di un benessere diffuso. “Milano che quando piange piange davvero/Milano Carabinieri Polizia che guardano sereni chiudi gli occhi e voli via”. La Milano dalla cui procura inizia la fine. Mani Pulite, l’aggressione giudiziaria, l’esilio, il sopraggiungere della malattia.


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