Il caso Vespa e la completezza dell’informazione
La regola aurea del tenere i fatti separati dalle opinioni è un obiettivo a cui si deve tendere, come impostazione professionale, pur sapendo che non è sempre così facile da raggiungere. Senza scomodare Nietzsche, secondo il quale i fatti non esistono ma esistono solo le interpretazioni dei fatti da parte degli esseri umani – come a dire che nel momento in cui descriviamo la realtà la decodifichiamo con criteri “inventati” da noi, non appartenenti alla realtà, che semplicemente esiste e basta – nel dare le notizie è molto difficile non interpretare i fatti. Già semplicemente dando un ordine, una sequenza ai vari accadimenti, come a sottolineare una presunta catena di cause ed effetti, abbiamo rimaneggiato la notizia, la abbiamo interpretata. Il caso più eclatante e frequente è quando si interpretano i numeri: lo stesso rapporto Istat può essere positivo o negativo se a citarlo è il governo o l’opposizione. In quel caso un dato economico diventa una clava politica, grazie all’interpretazione di mere percentuali in un contesto più ampio in cui vengono chiamate in causa (vale pure per i voti alle elezioni politiche e amministrative). In questi giorni sta tenendo banco la polemica scaturita dall’uscita di Bruno Vespa in chiusura di Cinque minuti, il suo talk in onda in prima serata su Rai1 (la massima visibilità possibile, insomma). Il celebre e influente conduttore e giornalista – commentando la vicenda del generale libico Almasri, arrestato, scarcerato e rimpatriato con un volo di Stato in quanto soggetto pericoloso – ha detto: “Quello che i signori dietro la luce rossa non sanno ma che i parlamentari avvertiti, di tutti i partiti, sanno è che in ogni Stato si fanno delle cose sporchissime anche trattando con i torturatori, per la sicurezza nazionale”. Sempre rivolto ai telespettatori ha sottolineato che “questo avviene in tutti gli Stati del mondo”. Parole che hanno scatenato un putiferio, con l’opposizione che ha parlato di tv pubblica al servizio del governo, di propaganda di regime. Insomma, secondo i suoi detrattori Vespa avrebbe fatto tutto tranne che informazione. Eppure quella che appare evidentemente come una difesa dell’operato del governo Meloni è pure una notizia-bomba. Anche se i meno informati e i più ingenui magari non lo sanno e non lo pensano, quello che ha “rivelato” Vespa è ordinaria amministrazione, dagli Usa fino all’ultimo staterello democratico (non osiamo immaginare cosa accade nei regimi non democratici). Quello che vogliamo dire è che l’unico modo di non manipolare una notizia è darla. La precisazione di Vespa, seppure con modi e toni talmente assertivi da apparire apodittici, risponde al dovere di noi giornalisti di puntare alla completezza dell’informazione. Magari non è stata questa la ragione che ha mosso il conduttore Rai, ma la vicenda è per noi occasione per ricordare e ribadire quanto a volte sia opportuno evidenziare ciò che può risultare banale, scontato. Informare invece è sempre necessario, utile. Anche quando si tratta di ricordare che per la ragion di Stato si deve avere polso fermo, sangue freddo e capacità di avere a che fare anche con il peggio dell’umanità. Insomma, quelle “operazioni moralmente discutibili” di cui parla Vespa rivolgendosi al sindacato Usigrai. Anche nel giornalismo vengono compiute operazioni moralmente discutibili. A volte però a fin di bene: informare di un fatto che si vorrebbe tenere nascosto.
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