Mediobanca rifiuta l’offerta di Mps. Tutto come previsto nella riunione del consiglio d’amministrazione tenutasi ieri mattina a piazzetta Cuccia. Dopo tre ore di riunione, è arrivato l’atteso (anzi citofonato) niet alla proposta da 13,3 miliardi avanzata da Monte dei Paschi il 24 gennaio scorso. Secondo il Cda, l’offerta è “ostile e non concordata” e va rigettata perché “contraria agli interessi di Mediobanca”. Inoltre è stata rilevata la mancata “valenza industriale” di un accordo che “pregiudicando identità e profilo di Mediobanca” potrebbe “distruggere valore per gli azionisti” dal momento che è “facile prevedere una copiosa perdita di clienti in quelle attività che presuppongono indipendenza, reputazione e professionalità”. Ma non è tutto, perché c’è la vicenda degli “intrecci azionari” ritenuti rilevanti dal Cda Mediobanca. Si tratta di Delfin (la finanziaria della famiglia Del Vecchio) che si è astenuta sulla decisione finale e di Caltagirone “in Mediobanca, dove Delfin detiene il 20% e Caltagirone il 7% (sulla base dello stacco del dividendo di novembre 2024), in Mps, dove Delfin è il primo azionista privato con il 10%, mentre Caltagirone detiene il 5% (oltre a detenere il 5% di Anima Holding che a sua volta possiede il 4% di Mps), in Generali, dove Delfin detiene il 10% e Caltagirone il 7%”. La notizia, in Borsa, è stata accolta con un certo sfavore dal momento che sia Mps (-2%) che Mediobanca (-3,2%) hanno registrato perdite nelle rispettive quotazioni. Il risiko bancario italiano, però, continua. Fari puntati, adesso, sull’assemblea di Generali prevista per maggio.