PRIMA PAGINA – Centro “largo”: Il fascino e la sfida per nuove alleanze
Il luogo politico ideale e il luogo (almeno fino a qualche anno fa) del potere. Anche se il dibattito politico ci ha abituati a parlare di destra e di sinistra, il fascino del “centro” rimane vivo e incarna il simbolo della moderazione, dei toni ideologici e di quell’aggregazione fatta di smussamento di angoli tra “estremi”. Eppure, nonostante il largo interesse su questo spazio lasciato “libero”, non siamo stati abituati, nella politica nostrana, a individuare soluzioni condivise e progetti di lungo respiro. E difatti, se guardiamo indietro di almeno un paio di decenni, i progetti di quello che voleva essere un centro “nuovo” sono falliti e le forze centriste tradizionali hanno subito un costante declino. Ve lo ricordate il più chiacchierato che realizzato Terzo Polo di Azione e Italia Viva con gli svariati sorrisoni di Matteo Renzi e Carlo Calenda? O, più di qualche anno fa, il Popolo della Libertà a marchio berlusconiano che al suo apice raggiunse percentuali che oggi si sognano anche i partiti della maggioranza? O ancora oggi, tra i banchi della destra esponenti come Cesa, Rotondi, Lupi e Mastella stanno lavorando per unire piccoli partiti centristi, con il sostegno di figure locali? Ebbene, il fascino del centro non si è perso, ma i voti sì: il motivo non è solamente ideologico. Ma sempre più partiti comprendono che è fondamentale collaborare – in modo compatto – quando non ci sono scadenze elettorali imminenti, mentre, in vista del voto, sembra diventare essenziale agire con una strategia mirata (o schierata). Allo stesso tempo, è cresciuta quella consapevolezza che unire le forze non è importante solo in un sistema proporzionale, ma anche quando il contesto bipolare richiede scelte nette e posizionamenti chiari.
Ne emerge una situazione politica frammentata in cui non solo vi è un deficit di continuità, ma anche di visione. Per cui non dobbiamo stupirci se ci ritroviamo tra le mani una crisi di rappresentanza evidente, con il 54% degli italiani che decide di non andare a votare. Ed è in questo spazio che prendono vita progetti volti a colmare quel “vuoto” che è rimasto orfano della tradizione politica italiana. Ne ha parlato ieri, alla Camera, l’onorevole Carlo Giovanardi, illustrando il nuovo progetto politico che sta alla base della nuova alleanza tra Popolari, Cattolici e Liberali in Italia e presentando il candidato alla Presidenza della Regione Campania Carlo Giardina.
E proprio nel contesto degli appuntamenti elettorali della Campania, spiega l’onorevole, “emerge un’esigenza: ricostruire un’area popolare d’ispirazione cristiana che possa riportare al centro del dibattito politico quelle radici che ci hanno resi grandi”. E l’obiettivo di questo progetto “è aggregare” e “e far fruttare le idee attraverso un progetto in cui il valore aggiunto siano gli argomenti, entrando nel dibattito politico con proposte concrete per affrontare le questioni nazionali. E ora più che mai è il momento di riscoprire quella visione unitaria che ha reso l’Italia una grande Nazione”. E il primo passo è la tornata elettorale in Campania. Il voto, appunto, quello delle elezioni Regionali che tra alleanze, divisioni, ritorni, accordi e coalizioni, vedono l’apertissima discussione sul terzo mandato che unisce Lega e Partito Democratico e divide (o almeno tenta di farlo) la coalizione di centrodestra. Un caos (calmo, almeno per ora) che si riversa nel progetto, ancora in fase embrionale, della premier Meloni per una riforma elettorale che tocca sì Comuni e Regioni, ma soprattutto l’elezione diretta del Premier. Un passo in un percorso a ostacoli chiamato costituzione. E qui tra mosse e contromosse dei nemici, sono prudenza e scaramanzia ad essere le parole chiave visto che, “chi ha cambiato la legge elettorale ha sempre perso”.
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