Editoriale

Processi mediatici e media a processo

di Adolfo Spezzaferro -


Voi direte, se non è il Papa a chiedere ai media di essere sinceri, di cercare la verità, allora chi? Chi dovrebbe farlo? Francesco è il Vicario di Cristo, il capo della Chiesa cattolica e quindi non può che appellarsi a un’informazione corretta. E più in generale a “una comunicazione che sia capace di parlare al cuore, di suscitare non reazioni passionali di chiusura e rabbia, ma atteggiamenti di apertura e amicizia; capace di puntare sulla bellezza e sulla speranza anche nelle situazioni apparentemente più disperate; di generare impegno, empatia, interesse per gli altri. Una comunicazione che ci aiuti a riconoscere la dignità di ogni essere umano e a prenderci cura insieme della nostra casa comune”. Sono le parole di Bergoglio per la 59 esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, coincisa con il primo grande evento dell’Anno Santo: il Giubileo del mondo della comunicazione. Il Pontefice invita dunque gli operatori dei media ad essere “comunicatori di speranza” e pertanto a “disarmare la comunicazione”. Troppo spesso, il mondo dei media “semplifica la realtà per suscitare reazioni istintive; usa la parola come una lama; si serve persino di informazioni false o deformate ad arte per lanciare messaggi destinati a eccitare gli animi, a provocare, a ferire”. Il Papa lancia un monito che vale per tutti, non solo per chi fa informazione: “Dobbiamo guarire dalle malattie del protagonismo e dell’autoreferenzialità, evitare il rischio di parlarci addosso: il buon comunicatore fa sì che chi ascolta, legge o guarda possa essere partecipe, possa essere vicino, possa ritrovare la parte migliore di sé stesso ed entrare con questi atteggiamenti nelle storie raccontate”. Ecco, noi non solo condividiamo pure le virgole del Santo Padre, ma riteniamo che noi giornalisti dovremmo fare proprio quello che dice Francesco. Perché la completezza dell’informazione, il pluralismo dell’informazione, il tendere all’oggettività, il puntare all’imparzialità dovrebbero essere i cardini deontologici (e sulla carta lo sono) della nostra bellissima professione. Rispettando questi paletti davvero possiamo avvicinare i lettori ai fatti, condurli dentro la notizia, come si suol dire. Negli ultimi tempi invece l’informazione troppo spesso si riduce a mero veicolo di propaganda. Per non parlare dei tribunali mediatici, che condannano senza appello prima ancora che inizi il processo, quello vero. Amor di verità – deve essere la nostra passione.


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