Daniela Santanchè è innocente: si dimetta
Giorgia Meloni, nel caso lei resistesse, dovrebbe dirle: scegli se dimetterti o esser sfiduciata da me. Nella realtà Daniela Santanchè è una cittadina innocente fino a sentenza definitiva. Nella realtà l’aspetto penale di una vicenda che riguarda un rappresentante delle istituzioni dovrebbe essere TOTALMENTE SEPARATO dall’aspetto etico, politico e di opportunità. In Italia, purtroppo per tutti noi, non è così. In Italia si fa il tifo, si giudicano con lo strabismo degli ultras le magagne degli avversari e quelle proprie. In Italia si sono inventate le parolacce più oscene di sempre, “giustizialismo” (neologismo puro, utile a mettere in cattiva luce chi pretende che si rispettino la legge e un minimo di etica) contro “garantismo” (interpretazione perversa di un termine preesistente, ottima per aiutare il politico delinquentello a restare in sella fino alla Cassazione o oltre, con i tempi biblici della nostra giustizia). La cittadina Santanchè ha tutto il diritto di difendersi nel processo e di non aver alcuna conseguenza o sanzione penale fino ad eventuale condanna. La ministra Santanchè ha invece il dovere di dimettersi subito giacché quanto emerge da due inchieste parallele – giornalistica e giudiziaria – getta ombre enormi sul suo operato, su possibili truffe ai danni dello Stato, sulla concreta possibilità d’aver mentito ai cittadini nelle aule parlamentari. All’estero sarebbero i suoi compagni, i suoi amici, i sodali di partito e di governo a pretendere il necessario passo indietro, per poi riaccoglierla se tutto si rivelasse legittimo. Qui in Italia invece non succede niente. Qui si fa solo il tifo, ogni volta come se si stesse vedendo alla moviola il celebre rigore di Ronaldo: chi è dell’Inter vede il fallo e chi è della Juve lo nega. E si va avanti così, dando il cattivo esempio al popolo, insegnando che non conta la verità, conta avere qualcuno che ti è amico e ti protegge per principio e non per i fatti, e che questo qualcuno sia mediaticamente e politicamente più potente di qualcun altro che ti è nemico e ti attacca per principio e non per i fatti. È la fine della ragione e dell’attenzione ad una crescita sociale condivisa, ad una visione della politica e della gestione della cosa pubblica come un unico campo di gioco dove esistono regole comuni e ci si confronta anche aspramente tra idee diverse ma rispettando quelle regole comuni, come in ogni paese civile. In Italia invece Santanchè rimane al suo posto, qualcuno la attaccherà e verrà chiamato giustizialista, qualcuno la difenderà e verrà chiamato garantista, così da avallare un gioco sporco e ipocrita in cui a perdere sono sempre i cittadini, e a vincere una classe dirigente distante anni luce dalla gente, ed abile solo a perpetrare un sistema asfittico e disfunzionale. Quando pensiamo alla fuga dei cervelli e alla difficoltà per gli imprenditori stranieri ad investire fra noi, pensiamo a quanto sia emblematico il caso Santanchè – ciò che è accaduto, e soprattutto come il tutto viene narrato dalle opposte curve – nel gettare discredito e scoraggiare chi questo paese lo ama e lo vorrebbe veder crescere, culturalmente ed economicamente.
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