Trump a Davos sfida l’Ue: dazi per tutti e stop al Green (bluff) Deal
Trump a Davos, oltre agli applausi, ne ha avute un po’ per tutti. E dimentichiamoci del buon vecchio “Make America Great Again” e scolpiamoci nella mente il suo nuovo slogan: “America First”. Non c’è alcuna sorpresa sulla sua idea di sovranismo, tuttavia il rinnovato slogan spiega bene quale sarà la linea di The Donald per i prossimi (almeno) quattro anni. Perché il Presidente degli Stati Uniti in collegamento con il meeting annuale dell’economia ha lanciato un chiaro messaggio alle imprese globali: produrre in America sarà vantaggioso come mai prima d’ora. Trump ha annunciato un drastico taglio delle tasse per le aziende che localizzano la loro produzione negli Stati Uniti, riducendo l’aliquota fiscale fino al 15%, una delle più basse al mondo.
E se da un lato parla di incentivi, dall’altro fanno capolino i dazi. Quindi, le aziende che sceglieranno di produrre lontano dali Stati Uniti, saranno soggette a “dazi punitivi”, i cui proventi saranno reinvestiti per abbattere il debito pubblico e rafforzare l’economia americana. “Se non produrrete il vostro prodotto in America, dovrete pagare una tariffa che indirizzerà centinaia di miliardi di dollari, e persino trilioni, nel nostro tesoro”, ha dichiarato Trump, ribadendo il suo approccio protezionista. Primo “nemico” in questo campo di battaglia è rappresentato dall’Unione Europea, a cui il presidente Usa ha rivolto un vero e proprio monito, accusandola di trattare gli Stati Uniti “molto male” con politiche fiscali penalizzanti. Trump ha quindi promesso di imporre dazi sui prodotti europei, denunciando il deficit commerciale con Bruxelles e lamentando le restrizioni sull’ingresso di beni statunitensi nel mercato europeo. “I nostri aerei non possono atterrare in Europa, e loro vogliono soldi dalle nostre società come Apple e Google”, ha detto, preannunciando misure che colpiranno settori chiave come l’agroalimentare e l’automotive.
A Davos il presidente ha sì ribadito la sua volontà di proteggere l’economia statunitense attraverso dazi e incentivi fiscali; ma ha anche confermato il suo scetticismo verso le politiche globali per il clima, definendo – senza mezzi termini – un “imbroglio” il Green Deal (o meglio, come definito da lui, il “Green Bluff”).
Secondo Trump le politiche green e quindi volte a promuovere energie pulite rappresentano un freno all’economia e un inganno per i cittadini.
“L’industria green non è nient’altro che un imbroglio”, ha affermato, sottolineando che la sua amministrazione favorirà la libertà di scelta dei consumatori. “Lasceremo che la gente compri le auto che vuole”. La sua visione energetica privilegia le fonti fossili, come carbone, petrolio e gas naturale, considerate risorse abbondanti e a basso costo negli Stati Uniti. “Il carbone è una buona risorsa di backup. Costa poco e noi ne abbiamo tantissimo” ha dichiarato Trump, ribadendo che queste risorse saranno fondamentali per sostenere l’enorme fabbisogno energetico richiesto dalle nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale e le criptovalute, settori su cui gli Stati Uniti puntano per diventare leader mondiali. Insomma, una vera e propria “restaurazione economica” con tanto di promesse per l’eliminazione dei vincoli burocratici e le regolamentazioni che ostacolano le imprese. “Via gli ostacoli, anche con decreti esecutivi se necessario”, ha affermato, tracciando una rotta chiara verso una politica di deregulation che mira a liberare il potenziale dell’industria statunitense. Un messaggio forte che segna non solo un prepotente cambio di rotta rispetto all’amministrazione di Biden, ma anche un nuovo corso nelle relazioni economiche globali.
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