Prima Trump poi Musk: la Blue Week della sinistra
Lo aveva detto, a mo’ di boutade, il presidente del Consiglio Giorgia Meloni poco più di un mese fa che, nel tentativo spasmodico di attaccare il governo e tifare contro la nazione, l’ultima carta da giocarsi, da parte delle opposizioni, fosse quella di cimentarsi in riti voodoo perché, evidentemente, le macumbe non starebbero funzionando. Appello prontamente raccolto nientemeno che da uno dei più acclamati campioni dell’ intellighenzia progressista: Roberto Saviano che, con la consueta imparzialità e senso della misura, ha non solo scagliato una maledizione all’indirizzo di Elon Musk, tramutatosi nel frattempo da genio visionario – quando sganciava milioni di dollari per le campagne di Obama & company – a pericoloso nazista, ma si è anche lanciato in previsioni apocalittiche nei confronti dello stesso e dei suoi simpatizzanti italiani. “Cadrà Musk per mano di coloro che ora aizza alimentati dalla stessa violenza che pratica…La fine sua e dei suoi scherani italiani è prevedibile, mentre il percorso dei prossimi anni invece è in larga parte imprevedibile: lascia intravedere mostruosità politiche che credevamo di aver sepolto per sempre. Che tu sia maledetto Musk”. Immancabile il riferimento al fascismo imminente, leit motiv di una sinistra ormai priva di idee concrete e di slogan credibili. Sinistra che in questi giorni si è prodotta in una serie di attacchi ancor più scomposti del solito: il Blue Monday iniziato con la cerimonia di insediamento di Trump si è ben presto trasformato in una Blue Week, visto che per tutta la settimana non si sono dati pace. A indispettirli oltremodo è stato il grande smacco rappresentato dal riallineamento del mondo del “big tech” Usa attorno ad una presidenza che programmaticamente dichiara di voler rivoluzionare lo stato delle cose. Ma se la consapevolezza di non poter più contare sulle censure selettive che un tempo caratterizzavano i social di Zuckerberg, e che persino il ceo di Google e Alphabet, Sundar Pichai, e l’ad di OpenAi, Sam Altman, abbiano ormai cambiato casacca creano non pochi malumori, a essere davvero insopportabile è il fatto che l’unica premier europea presente all’Inauguration Day sia stata Giorgia Meloni. Sin dall’inizio della legislatura il mantra autoconsolatorio è stato che l’Italia fosse isolata a livello internazionale, fa dunque sorridere come adesso il problema sia diventato esattamente l’opposto e che la segretaria dem Schlein non trovi di meglio che chiedersi se la nostra premier sia in grado di “far rispettare gli interessi europei e italiani” rispetto al presunto delirio d’onnipotenza trumpiano. E ancora: “È andata in solitudine, nonostante l’Ue non sia stata coinvolta”, cosa avrebbe dovuto fare? Declinare l’invito per solidarietà verso coloro che non l’hanno ricevuto? Meglio ancora però è riuscita a fare colei che, grazie ad una ben congegnata operazione targata Fratoianni e Bonelli, è passata dal carcere magiaro all’Europarlamento, Ilaria Salis: per la campionessa di preferenze di Avs la presenza del nostro presidente del Consiglio a Capitol Hill sarebbe stata addirittura “inquietante”. Ma la palma d’oro delle dichiarazioni surreali va a Rosy Bindi, che pur non riconoscendosi più nel Pd, partito che lei stessa ha contribuito a fondare e del quale per sua stessa ammissione dal 2021 non rinnova più la tessera, ne condivide l’ossessione per il rapporto privilegiato tra il presidente Usa e Meloni tanto da sentirsene “umiliata”… E siamo solo a venerdì.
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