Giuseppe Tiani (SIAP): “No allo scudo penale né al numero identificativo per i poliziotti. Il confine è la legge e vale per tutti
Giuseppe Tiani, segretario generale del SIAP sigla storica della Polizia e maggiormente rappresentativa, come giudica il momento di tensione che sembra esserci fra una parte della cittadinanza e le forze dell’ordine?
“I fatti che si verificano, e che vedono le piazze e le strade teatro di aggressione e violenza rivolte alle forze di polizia da manifestanti travisati e armati, lasciano sempre una ferita profonda e, per certi versi, irrisolti una serie di interrogativi che pervadono poliziotti e cittadini. Non si può negare che la sicurezza e la sua declinazione dell’ordine pubblico è condizione di libertà e legalità, in ciòrisiede l’essenza stessa di una democrazia. Restano pertanto incomprensibili le dichiarazioni di politici, sindacalisti e opinionisti, condite da incrostazioni di datato retaggio ideologico di un mondo che non esiste più, alcuni di essi continuano a parlare ai poliziotti e allo stesso ministro dell’Interno, come se fossimo ancora la polizia repressiva di Scelba. Verso questo modo di fare che alimenta l’odio verso le forze di polizia, nutriamo una profonda amarezza e delusione”.
Il caso Ramy ha innescato polemiche senza fine, qual è la sua opinione in merito?
“Io rappresento un grande sindacato di base di poliziotti e poliziotte che si ispira, da sempre, ai valori cristiani del cattolicesimo e al progressismo sociale delle democrazie liberali, quindi ho un profondo autentico rispetto della vita di ogni essere umano prima e delle libertà individuali e collettive poi. Ciò premesso, il dibattito pubblico e politico del caso Ramy va distinto dall’emotivismo. Il dramma di una giovane vita spezzata non va brandito per cinico calcolo, prescindendo dai fatti perché utile ad invocare lo stato di polizia e la deriva autoritaria. La dinamica degli eventi racconta altro: non rispettando l’alt dei carabinieri per un legittimo e normale controllo, i giovani fuggitivi hanno innescato la catena degli eventi che ha portato alla morte del giovane Ramy e i colleghi dell’Arma si sono attenuti a quanto disposto dalla legge. Inoltre viene sottaciuto l’aspetto profondamente umano del tentativo dei colleghi di rianimare il giovane nei primi momenti al di là di quanto era accaduto in violazione della legge che, ha posto in pericolo grave non solo i due giovani ma anche i colleghi che doverosamente hanno posto in essere l’inseguimento”.
Ha senso proporre una sorta di immunità speciale per chi indossa la divisa?
“Non ha alcun senso e lo riteniamo un errore aver immesso nel dibattito pubblico la parola “scudo penale” per le forze di polizia in contesti operativi, in una democrazia che fonda la sua esistenza sullo Stato di diritto, nessuno puo essere posto al di sopra della legge. I nostri problemi sono di altra natura, chiediamo garanzie per il delicato e sempre più complesso e rischioso servizio che svolgiamo e fruibilità concreta delle tutele legali e sanitarie”.
L’enorme lavoro delle FFOO talvolta è macchiato da singoli che si rivelano indegni di indossare la divisa, cosa fate per evitare un danno d’immagine e quindi di fiducia?
“Chi si macchia di reati dolosi o viola l’etica professionale senza alcuna ragione fondata, e in assenza di contesti eccezionali e circoscritti nell’ambito della cause di giustificazione, come disciplinato dal codice penale anche in tema di diritti umani, va perseguito senza se e senza ma. Noi del Siap siamo impegnati da anni nel promuovere la cultura della legalità e della professionalità per il rispetto che si deve di ogni essere umano e, siamo contrari a forme anche larvate di autoritarismo e corporativismo da parte delle forze di polizia o da parte di chi detiene i poteri delegati dallo Stato nei diversi comparti, quindi non solo i poliziotti. Inoltre sono necessari maggiori investimenti in tema di formazione e aggiornamento professionale”.
Non sarebbe bene avere un numero identificativo così chi si ritiene danneggiato può agire direttamente nei confronti del singolo?
“Siamo fermamente contrari a qualsiasi volgare forma di codici identificativi individuali dei poliziotti e degli operatori delle forze di polizia più in generale, le ragioni della nostra contrarietà sono connesse a diversi fattori, in primis l’evidente acredine quando non accompagnata da sentimenti di odio di una parte sociale e politica del paese indirizzata verso i poliziotti, fenomeno che si acutizza quando il Governo del paese è espressione di formazioni politiche di centrodestra. Inoltre i poliziotti non sono ascari assoldati da dittatori, noi serviamo lo Stato e siamo sempre identificabili, diversamente da quello che chiedono i militanti del mondo violento della galassia anarchica e antagonista, danneggiando le città, i beni privati e ferendo i poliziotti, si pongono sullo stesso piano delle prerogative esclusive dello Stato”.
Qual è il confine fra rispetto del diritto e garanzia dell’ordine pubblico?
“Il confine è la legge. Come affermava Calamandrei, non c’è Libertà senza Legalità. Ciònonostante, siamo convinti che il pluralismo delle idee e l’indipendenza di pensiero del sindacato di polizia dalla politica, al pari della terzietà delle funzioni attribuite ai poliziotti, siano valori irrinunciabili da salvaguardare. E’ la ragione per cui ci poniamo come argine al tentativo di frenare il lento processo di maturazione e consapevolezza delle funzioni delegate ai poliziotti. Noi pensiamo che il bagaglio culturale, professionale e di trasparenza dei corpi di polizia, introdotto con la legge di riforma, debba diventare patrimonio di ogni operatore, ma agli stessi va riconosciuta dignità professionale e riconoscimento sociale e politico”.
Cosa dovrebbe fare secondo lei la politica a riguardo?
“La politica nella sua accezione generale dovrebbe avere un diverso e piu concreto senso dello Stato e degli interessi generali dei cittadini e del paese. Va comunque rimarcato che il personale di polizia che garantisce l’Ordine Pubblico e la Sicurezza Pubblica non può essere ridotto in condizioni di disagio professionale e personale. Sono alcune delle ragioni su cui poggiano le nostre rivendicazioni, avendo ben chiara la fase che vive l’Italia, l’Europa e le Istituzioni, che comunque non può esimerci da una posizione critica rispetto alle discutibili scelte e prese di posizione avverse alle funzioni e al ruolo dei poliziotti da parte di alcuni partiti e dei Governi negli ultimi decenni e non mi riferisco al Governo in carica”.
Come vede il futuro, da rappresentante di tanti agenti di Polizia?
“La fase che viviamo è velenosa e complessa sul piano interno e internazionale, per cui i problemi irrisolti dalla politica si scaricano sui lavoratori di polizia, in sintesi quando la polizia è costretta ad intervenire nelle piazze per arginare la violenza, la democrazia è ferita non per i nostri eccessi ma perche la politica ha fallito, specie quella che non riesce a ritrovare il senso del suo mandato in termini di rappresentanza sociale. La Polizia rende alla collettività, attraverso il mantenimento della sicurezza pubblica e del contrasto al crimine, un servizio che si rivela come l’indicatore della qualitàdemocratica del Paese e della sensibilitàcivile del suo sistema politico e di governo”.
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