Politica

Consulta, è ancora rebus: Forza Italia alle prese con nomi, veti e regole

di Dino Giarrusso -


L’elezione dei quattro nuovi giudici della Consulta continua a tenere banco fra gli scranni del Parlamento italiano, ed agita gli animi alla Camera come al Senato, in casa Forza Italia come in quella del M5S, di AVS, della Lega e dei partiti minori, che sperano quantomeno di entrare in partita avallando uno dei nomi proposti dai partiti maggiori e ottenendo così un credito, facendo un favore che un domani potrebbe essere restituito. Lo schema è in teoria semplice, ma la risoluzione è nei fatti complicatissima, anche perché la partita è cruciale, e l’orientamento della Corte può risultare decisivo per certe questioni delicate, con buona pace della Costituzione che vorrebbe come primo requisito di chi siede su quelle pesantissime poltrone la totale imparzialità e la fedeltà esclusiva alla carta costituzionale appunto. Vediamo dunque il rebus e i suoi protagonisti, quando mancano pochi giorni all’ennesima votazione posta in calendario, chiedendoci se quella del 23 gennaio sarà la volta buona o si procederà ad un nuovo rinvio, ciò che il Presidente Mattarella chiede (da tempo, e invano) di evitare. I posti sono quattro, e dovrebbero essere divisi così: uno a FdI in quanto primo partito di governo, uno al PD in quanto primo partito di opposizione, uno a FI ed uno, l’ultimo, che dovrebbe mettere d’accordo tutti, dunque i tre partiti citati ma anche M5S, Lega e cespugli vari. Fratelli d’Italia ha scelto Francesco Saverio Marini, figlio di Annibale (che della Consulta fu Presidente) e docente a Tor Vergata. Le polemiche legate al suo ruolo di consigliere giuridico di Giorgia Meloni (nonché “mente” del premierato) sembrano sopite, forse perché Meloni ha sempre tenuto il punto, e gli altri partiti sono a loro volta in acque agitate, dunque preferiscono risolvere la propria traversata piuttosto che sabotare quella altrui. Il PD si posiziona sul linceo Massimo Luciani docente di Diritto Pubblico alla Sapienza, e non dovrebbero esserci sorprese. Molto più complicata invece la scelta degli ultimi due nomi, vediamo perché. Mattarella come sempre concede assoluta libertà ai partiti, ma lascia trapelare qualche preferenza: almeno una donna fra i quattro, e possibilmente evitare parlamentari in carica o ex. Forza Italia ha il pallino in mano, ma dei tantissimi pretendenti al trono nessuno è perfetto: Casellati, Sisto e Zanettin soffrono l’aver diritto al titolo di Onorevole (come anche Titti Parenti e Roberto Cassinelli) e sembrano ormai fuori dai giochi. Tajani starebbe pensando ad un “tecnico”, ma è chiaro che per tener buoni i suoi, il tecnico dev’essere gradito a tutti, e il suo sponsor non inviso a nessuno. Per questa ragione sono deboli anche gli ultimi due nomi venuti fuori, Andrea di Porto e Gennaro Terracciano. Terracciano sarebbe il nome più caro al capogruppo (e Presidente della FIN) Paolo Barelli, e i rumors lo danno vicino – dunque graditissimo – al sempre potente Giovannino Malagò e a Mauro Masi. Una parte del partito però non ne sarebbe felice per questioni di posizionamento interno (molti si chiedano perché mai debba essere “lo sport” a scegliere una figura delicatissima e di enorme importanza come un giudice Costituzionale), e chissà come reagirebbe il Senatore Claudio Lotito, che con Terracciano ebbe contrasti storici quando l’avvocato venne nominato commissario ad acta della Lega di Serie A, proprio con la contrarietà di Lotito, l’unico con Marotta a votargli contro. Dunque Forza Italia potrebbe scegliere una donna, o un profilo che non abbia troppi ostacoli interni, ma chi? E come verrà scelto il quarto? Conte si è visto bocciare Michele Ainis e non ha altri nomi forti, per ora è alla finestra. Nel turbinio di ipotesi, gli spifferi di Montecitorio hanno sussurrato fra i nomi “trasversali” quelli dell’avvocata dello Stato Gabriella Palmieri Sandulli e del notaio e docente Camillo Verde, la cui nomina sarebbe gradita all’ordine, finora mai rappresentato in Consulta. Ma anche per essi, o per eventuali altri tecnici, rimane il problema degli “sponsor” politici: chi può spendersi per loro, e perché? Il timone è ora in mano a Tajani, ma portare la nave in porto non sarà facile.


Torna alle notizie in home