Politica

PRIMA PAGINA – Caso Todde, che pasticcio! Ecco come stanno i fatti

di Dino Giarrusso -


È bene premettere, parlando della surreale vicenda che riguarda Alessandra Todde, che è stata democraticamente votata dai sardi, dai cittadini, ed ha il diritto ed il dovere di governare fino a scadenza, poiché siamo in democrazia e la democrazia ne ha sancito l’elezione, benché di poco. Detto ciò, però, va spiegato bene cosa sia successo, e perché i fatti hanno un peso enorme, ed è inconcepibile che si sia arrivati a questo punto. Chiunque si candidi a qualunque elezione, in Italia, deve sottostare ad un rigoroso iter normato dalla legge 515 del 1993 (in piena tangentopoli si strinsero i lacci onde evitare nuovi scandali), che possiamo riassumere schematicamente così: 1) nominare un mandatario elettorale, cioè un responsabile che deve necessariamente tenere conto delle spese sostenute dal candidato e dei contributi ricevuti a sostegno; 2) aprire un conto corrente dedicato esclusivamente alla raccolta dei fondi (entrate) e alle spese sostenute per la campagna (uscite); 3) Asseverare e sottoscrivere il rendiconto delle spese sostenute e dei contributi ricevuti, compito che spetta al mandatario; 4) Produrre l’estratto conto finale del conto corrente dedicato; 5) Far confluire in quello stesso conto corrente dedicato e solo in quello qualunque tipo di donazione ricevuta, con qualunque mezzo (bonifici, paypal, etc.) e utilizzare solo quello per provvedere alle spese della campagna; 6) Evidenziare i nominativi dei soggetti-persone fisiche o società-che hanno erogato finanziamenti per la campagna elettorale; 7) Compilare dettagliatamente e depositare presso gli enti preposti al controllo il rendiconto dettagliato ed asseverato assumendosene le responsabilità. È bene ribadire che questi ed altri impegni vengono sottoscritti da qualunque candidato nel momento stesso in cui firma i moduli con la propria candidatura, dunque chi si candida è pienamente cosciente di dover sottostare a questi obblighi pena pesantissime sanzioni pecuniarie e persino la possibilità di decadere in caso di elezione. Insomma, anche un candidato al consiglio comunale del più piccolo paesino italiano sa che se spende più di 2.500 euro deve ottemperare a quei sette punti o passerà dei guai. Cos’è successo in Sardegna? Incredibilmente, la sentenza del 3 gennaio emessa dalla Corte d’Appello di Cagliari, ci dice che la candidata del centrosinistra (nel dettaglio appoggiata da: M5S, PD, AVS, Demos, PSI, Fortza Paris, Lista Todde, I progressisti e altre formazioni minori) NON ha nominato un mandatario, NON ha aperto un conto corrente dedicato, NON ha prodotto l’estratto conto di quel Cc, NON ha evidenziato in modo trasparente i nominativi di tutti i soggetti eroganti contributi alla campagna elettorale, NON ha depositato dichiarazione di spesa e di rendiconto conforme alla legge, NON ha indicato su quale conto corrente sarebbero confluite le donazioni arrivate tramite Paypal. Sembra incredibile ma è proprio così: è stata fatta una campagna elettorale di ottimo livello, poi risultata vincente, senza rispettare le regole che tutti sono tenuti a rispettare. Inoltre, e questo viene taciuto ma è invece molto importante, nella sentenza viene ricordato come Todde, nella memoria difensiva depositata il 3 dicembre, “dichiara sul suo onore di non aver sostenuto spese, né assunto obbligazioni ma di essersi avvalsa esclusivamente di materiali e mezzi propagandistici messi a disposizione del partito o della formazione politica della cui lista ho fatto parte”. Tralasciando l’incongruenza grammaticale (errore della candidata o della Corte?) salta all’occhio l’enormità di questa dichiarazione. La stessa candidata infatti aveva dichiarato il 16 giugno “di aver sostenuto spese per euro 90.629,98 e ricevuto contributi per euro 90.670,01”, dunque a dicembre Todde sconfessa quanto dichiarato a giugno! Chi vuol leggersi la sentenza integrale può farlo qui o sui nostri social, dove presentiamo anche un documento esclusivo che circola sulle chat sarde del M5S con il rendiconto firmato dal sen. Ettore Licheri che però non era il mandatario, appunto mai nominato da Todde. Il rendiconto spese smentirebbe quanto dichiarato a giugno, e non essendoci mandatario, quella lista evidenzia contributi e spese che potrebbero essere afferenti a soggetti diversi, come il PD e Sinistra Futura. Trincerarsi dietro un fantomatico “comitato elettorale”, dunque, non serve a sanare le irregolarità, perché non è ciò che prevede la legge, vieppiù evidenziato che quel comitato elettorale serviva non la singola candidata ma l’intero M5S quando invece i contributi arrivano anche da altri partiti. Il senatore Licheri risulta committente di alcune spese, ma a che titolo? E perché altre spese invece vengono fatturate direttamente a Todde? Perché la candidata del M5S, da sempre partito che invoca per tutti la massima trasparenza, non ha scelto di rispettare quella legge che impone trasparenza e chiarezza? Persino Marco Travaglio sul Fatto quotidiano parla di dilettantismo, pressappochismo e cialtroneria. Noi abbiamo premesso che Todde le elezioni le ha vinte e dovrebbe governare. Ma perché non ha rispettato le regole? E perché anziché chiedere scusa e spiegare, fornisce spiegazioni lunari, dice di non aver speso nulla quando da Formigli si era vantata di aver pagato tutto da sé? Perché, insomma, Todde che vorrebbe essere il nuovo è riuscita in questo pasticcio a fare peggio dei vecchi? Ci torneremo su, con altri dettagli e documenti inediti nei prossimi giorni, sempre basandoci solo sui fatti e non su chiacchiere.


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