Una valanga di utili sotto l’Albero: le banche festeggiano e guidano la riscossa delle aziende quotate in Borsa, i numeri diffusi dalla Consob certificano che, anche questo, sarà un altro anno da incorniciare per il settore creditizio italiano. Gli utili delle banche, infatti, hanno registrato un succoso aumento in doppia cifra: +11 per cento, una percentuale che, in soldoni (è proprio il caso di dirlo), sfiora i 15 miliardi di euro attestandosi, per la precisione a 14,9 miliardi. I numeri diffusi da Consob riguardano il primo semestre di quest’anno. I primi sei mesi dell’anno hanno visto il trionfo, l’ennesimo, delle banche. Ma a festeggiare, insieme a loro, ci sono anche le società non finanziarie che hanno brindato a un aumento degli utili netti complessivo superiore al venti per cento (20,3%). Trend che, tradotto in valuta corrente, è pari a ben 15,7 miliardi. Non è andata così bene, però, alle pmi quotate su Egm, l’Euronext Growth di Milano. Per loro si è trattato di un primo semestre al limite dell’incubo: gli utili si sono rimpiccioliti e hanno fatto registrare un calo spaventoso pari al 106 per cento, portando nelle casse di queste imprese “solo” 106 milioni di euro. Pesano sulla loro gestione, stando all’analisi Consob, il peggioramento delle attività non operative e finanziarie, la pressione sui margini e un rallentamento della generazione di utili. Nonostante tutto, in media, le società dell’Egm sarebbero riuscite a mantenere una buona gestione dell’indebitamento. Tra le delusioni di questo primo semestre, infine, ci sono le compagnie assicurative che scontano una perdita netta di utili pari a 2,9 miliardi e al 3% in termini percentuali. In questo caso a erodere i margini di guadagno sono state le spese legate agli aumenti dei costi per i sinistri. Nulla di cui preoccuparsi troppo, spiegano dalla Consob, i cui analisti fanno notare che il patrimonio netto delle assicurazioni italiane resta sostanzialmente intatto (e vale 41 miliardi, in linea coi dati 2023) e che le imprese hanno riscontrato una migliorata capacità di resistere agli choc esterni grazie, tra le altre cose, a una gestione più efficiente del patrimonio investimenti. Un po’ come è accaduto alle società non finanziarie quotate in Borsa. Che invece hanno dovuto misurarsi con una flessione del fatturato generale da gennaio a giugno di quest’anno. Ma la scelta di puntare sulla razionalizzazione dei costi operativi e il miglioramento di redditività hanno portato a cogliere l’ambizioso obiettivo di rafforzare il loro patrimonio netto che è passato a un valore complessivo stimato in ben 258,5 miliardi di euro al 30 giugno con un incremento del 3% rispetto al 31 dicembre. Per quanto riguarda, infine, le banche per la Consob si è trattato di una prima metà dell’anno da favola in cui sono migliorati praticamente tutti i parametri: dagli indici di redditività ed efficienza fino alla solidità patrimoniale. Del resto, il patrimonio netto delle banche è salito di quasi mezzo miliardo passando a 192,3 miliardi di euro al 30 giugno contro i 191,7 del 31 dicembre 2023.
Per le banche, anche secondo gli analisti Consob, si prospettano (ancora) tempi felici e mirabilie. Non è un caso se proprio gli istituti di credito rimangono i grandi protagonisti della scena economica e in un certo senso politica di questo Paese. Che, nelle ultime settimane, ha visto in Unicredit lanciata alla conquista della tedesca Commerzbank una sorta di riscossa dell’italianità tale da costringere Berlino a ripiegare su posizioni stataliste e, di certo, poco compatibili con il liberismo che, invece, negli ultimi anni ha ispirato la Germania. Un caso che, però, si è riverberato in Italia quando, con una mossa a sorpresa, la stessa Unicredit ha lanciato un’Ops su BancoBpm che, da parte sua, era in procinto di muoversi su Monte Paschi per puntare a diventare la terza forza bancaria italiana. E proprio per invitare, una volta di più, i governi a non interferire con ciò che fanno le banche, s’è alzata la voce di Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa San Paolo, prima banca italiana, che al Financial Times ha avvisato la politica: “Sono gli azionisti, coloro che investono nelle aziende, a determinare il loro futuro. I governi non possono scegliere in base al loro gradimento, dovrebbero intervenire solo nei casi in cui è in gioco la stabilità finanziaria”. E ancora, Messina, che aveva già benedetto l’offensiva di Orcel su Commerzbank, ha aggiunto: “È chiaro che oggi siamo in una fase in cui il consenso politico si basa sulla difesa dei confini nazionali in alcuni settori, ma Unicredit è già proprietaria di una grande banca tedesca”, ossia Hvb. Guardando al mercato italiano, l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, ha affermato di ritenere che “un terzo grande operatore emergerà a prescindere, perché il mercato lo cercherà: consideriamo positivamente un maggior consolidamento e una maggiore concorrenza nel settore bancario italiano – ha concluso – perché questo è fondamentale per garantire solidi investimenti nella sicurezza informatica e nella tecnologia, che contribuiscono alla forza dell’economia italiana”.