Il generale Mori e la presunzione d’innocenza
MARIO MORI EX GENERALE
E se fosse proprio la presunzione di innocenza a non funzionare? Bisognerebbe rinforzarla ogni volta che un imputato viene assolto dopo una persecuzione di anni, malvagia, negligente, spesso sospetta ed opaca. Il caso del generale Mori, di cui si è letto su questa testata qualche mese fa, che ricevette un invito a comparire il giorno del suo 85° compleanno per rispondere di una lista infinita di reati per la quale era già stato assolto anche dalla Corte di Cassazione, dopo 22 anni di processi assurdi, come quello Stato – Mafia, è emblematico. L’ordinamento di un paese civile non può consentire che chi ha assolto al proprio dovere tutta la vita, ottenendo i risultati più impegnativi, a rischio quotidiano della vita, sacrificando famiglia, affetti e tutto quanto ci sia di estraneo alla pura lotta al terrorismo, alla mafia, alla criminalità, paghi prezzi così alti. Dopo una sentenza di assoluzione per quei reati, coloro che continuano ad indagare ed a processare per gli stessi reati, devono risponderne al CSM, almeno dopo che si è pronunciata la Suprema Corte di Cassazione. Se quest’ultima viene disattesa si deve ritenere che ci sia un uso improprio dell’azione penale e di questa improprietà il CSM deve essere investito per avviare un’azione disciplinare. Tecnicamente il “ne bis in idem” non funziona e con esso, nel campo del diritto penale, la presunzione di innocenza. Quest’ultima, dopo un’assoluzione, deve avere un valore maggiore sebbene sembri pleonastico doverlo ricordare.
Chi ha scritto la Costituzione non immaginava senz’altro che dopo una pronuncia di proscioglimento definitiva si potesse essere processati di nuovo per gli stessi reati, posti a carico di uno dei più grandi Carabinieri della storia d’Italia. Eppure continua a succedere. Ed allora bisogna correggere persino la presunzione di innocenza affermando il principio che costituisce un abuso dell’esercizio dell’azione penale riaprire procedimenti a carico di colui che è già stato definitivamente assolto. Ovviamente per quei fatti e per quei reati, come è il caso del Generale Mori, a meno che sia indagato per attività compiute in veste di pensionato. E tale abuso deve essere quantomeno ispezionato a livello disciplinare e quindi dal CSM. Nulla di nuovo dal punto di vista procedurale se non l’obbligo di valutare l’avvio di un’ispezione e di un procedimento disciplinare ai danni di un pubblico ministero che riprende iniziative giudiziarie inutili e ripetitive per motivi che non sono coerenti con i capi d’imputazione contestati. La stessa iniziativa sanzionatoria rimane nell’alveo dei rimedi interni all’ordinamento giudiziario e così la tipologia di sanzione tra le quali scegliere. Si tratterebbe di una nuova norma che avrebbe un effetto deterrente contro iniziative che chiunque nell’opinione pubblica considerare contrarie al senso di giustizia e di umanità. E se può sembrare vero che l’azione penale è obbligatoria e non richiede il consenso è anche vero che l’attività della magistratura non è insindacabile e sottratta ad ogni controllo. In questa sede si propone una riforma che utilizzerebbe gli strumenti di indagine e controllo che già esistono e nessuno ha mai contestato, semplicemente per evitare attività persecutorie di chi ha meriti insigni nello svolgimento del suo lavoro di servitore dello Stato.
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