Esteri

Procuratori Usa accusano funzionari siriani di torture contro i prigionieri

di Lino Sasso -


I procuratori statunitensi hanno accusato due alti funzionari siriani di aver supervisionato torture e abusi contro prigionieri politici, tra cui l’operatrice umanitaria americana Layla Shweikani, giustiziata nel 2016. L’accusa, depositata il 18 novembre presso un tribunale federale di Chicago, è il primo atto formale degli Stati Uniti contro la rete di servizi segreti e rami militari del regime siriano ed arriva poco dopo l’offensiva degli insorti che ha rovesciato il presidente Bashar al-Assad. I funzionari incriminati sono Jamil Hassan, ex capo dell’intelligence dell’aeronautica siriana, e Abdul Salam Mahmoud, direttore di un carcere e centro di tortura presso la base aerea di Mezzeh, a Damasco. Entrambi sono accusati di cospirazione per atti crudeli e disumani nei confronti di civili durante la guerra civile siriana. Secondo i procuratori, i prigionieri subivano torture fisiche e psicologiche, tra cui frustate, scosse elettriche, bruciature, pestaggi e detenzione in celle con cadaveri. Le vittime includevano siriani, americani e cittadini con doppia nazionalità. Il caso di Layla Shweikani, 26 anni, è stato portato all’attenzione delle autorità dal Syrian Emergency Task Force, un’organizzazione con sede negli Stati Uniti. Shweikani, arrestata nel 2016 per il suo lavoro umanitario, è stata detenuta, torturata e presumibilmente giustiziata nella prigione di Saydnaya. L’organizzazione, rappresentata da Mouaz Moustafa, ha chiesto con forza l’arresto e il processo dei responsabili, fornendo prove e testimonianze di altre vittime. I procuratori federali hanno emesso mandati di arresto per Hassan e Mahmoud, ma entrambi sono attualmente latitanti, e le possibilità di portarli a processo negli Stati Uniti restano incerte. L’accusa rappresenta comunque un segnale significativo di impegno contro le violazioni dei diritti umani compiute dal regime siriano e dai suoi apparati.


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