Meta, indagini chiuse: evasione da 887,6 milioni di euro
Meta avrebbe evaso le tasse per poco più di 887,6 milioni di euro. Una somma, per capirsi, che è pari a quanto ha speso lo Stato, in dieci anni, per pagare la cassintegrazione agli operai ex Fiat oggi Stellantis. La Procura di Milano ha chiuso le indagini e i rilievi che la magistratura ha messo nero su bianco nell’avviso di conclusione delle indagini sono tanti, precisi e interessanti. I pubblici ministeri Giovanni Polizzi e Cristian Barilli partono dal presupposto secondo cui l’azienda “acquisisca e gestisca, per scopi commerciali, dati, informazioni personali e interazioni sulle piattaforme di ciascun iscritto, così da instaurare con i fruitori del servizio – in virtù della connessione diretta in termini di proporzionalità quantitativa e qualitativa tra le contrapposte prestazioni – un rapporto di natura sinallagmatica, quale operazione permutativa”. Questo rilievo è centrale. Perché stabilisce, una volta e per tutte, che Facebook, Instagram e Meta più in generale non fanno niente gratis. O meglio, per dirla in maniera più precisa, in cambio dei dati offre servizi agli utenti. Cosa che, chiaramente, escluderebbe la gratuità su cui Meta ha sempre fatto affidamento e che era già stata affermata dall’Antitrust e ribadita da Tar del Lazio e Consiglio di Stato: “oltre che da autorevole dottrina – scrivono i magistrati – e ha trovato riscontro nelle attività ispettive della Guardia di finanza, negli atti dell’Agenzia delle Entrate e infine nelle risultanze dell’indagine penale, dimostrando la sostanziale convergenza sul punto da parte delle diverse articolazioni dello Stato e l’efficace collaborazione tra Autorità giudiziaria, Guardia di finanza e Agenzia delle Entrate nell’assicurare il rispetto delle leggi fiscali poste a tutela del bilancio pubblico”. I conti pertanto sono astronomici. Meta dovrà rispondere di diverse accuse fiscali e tributarie e, in particolare, di aver omesso di dichiarare un imponibile pari a poco meno di quattro miliardi di euro (per la precisione si tratta di 3.989.197.744,05 euro), cui corrisponde un’imposta sul valore aggiunto evasa pari a 887,6 milioni di euro.
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