All’Eni di Calenzano altri morti di lavoro
Una esplosione in una raffineria dell’Eni a Calenzano in provincia di Firenze e parte la girandola dei numeri, oltre che un rituale già visto, per un’ennesima tragedia sui posti di lavoro, con un dolore ancora più forte per il lutto che colpisce lavoratori alle soglie di giorni di serenità in famiglia per il prossimo Natale. Nella serata di ieri era ancora provvisorio il bilancio delle vittime sicuramente destinato ad aggravarsi: due morti, nove feriti e tre dispersi. Di oltre 170mila metri quadri l’area del colosso dell’energia, che impiega due ore per la conferma di un fatto già noto a milioni di persone, a partire da quelle migliaia cui viene ordinato di chiudersi in casa per il timore dei veleni contenuti nella colonna di fumo che si alza da Calenzano. Negli immediati pressi, un centro commerciale ogni anno visitato da 19 milioni di persone.
L’area Eni di Calenzano è uno degli oltre 50 siti a rischio in Toscana, Medicina Democratica fa sapere che il pericolo era stato denunciato già 4 anni fa. Mentre Eni, nelle sue prime 5 righe, affermava che le fiamme (poi domate, ndr) sono confinate alla zona pensiline di carico e non interessano in alcun modo il parco serbatoi. Rimandando alla prefettura di Firenze “circa l’impatto dell’incidente sulle persone” e chiarendo che è esplosa “una delle autobotti presso la pensilina di carico”. Anche qui, come avvenne per l’ormai dimenticata strage in una centrale idroelettrica Enel a Suviana otto mesi fa, una prefettura – quindi, lo Stato – ad occuparsi della ufficialità di questi morti sul lavoro. Dimenticheremo presto i loro nomi.
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