Editoriale

Sinistri scioperati più che scioperanti

di Adolfo Spezzaferro -


“La rivolta è l’ultima e la prima arma di chi non ha nulla: né privilegi, né status, né mezzi economici o politici”. Sono le parole di quella sciamannata di Ilaria Salis, usate veramente a sproposito in merito alla rivolta dei maranza nel quartiere milanese del Corvetto, dopo la morte di Ramy, un rapinatore egiziano 19 enne, durante un inseguimento con i carabinieri, la notte tra il 23 e il 24 novembre. L’eurodeputata di Alleanza Verdi-Sinistra (candidata per sfuggire alla giustizia ungherese, ricordiamolo) ha rilanciato su Instagram un post che inneggia agli scontri di piazza, puntando il dito contro “gli sguardi dall’alto verso il basso”. “Nessuno sale contento su un Tmax, un sabato sera, mentre gli altri sono a ballare, per una collanina”, è il passaggio più toccante, assolutorio per i piccoli delinquenti che popolano il Corvetto, banlieue meneghina. “Non cerchiamo toni vittimistici o giudizi morali, i nostri orizzonti sono ristretti dal razzismo e dal classismo, vogliamo redistribuire potere, ricchezze, costruire futuri”, conclude tronfia la Salis. Non le diamo spazio sulle nostre colonne con piacere ma dovevamo farlo per mostrarvi i termini del delirio in atto da parte della sinistra e dell’opposizione contro il governo di centrodestra. Con uno sciopero politico di Cgil e Uil contro la manovra che ha scatenato la guerriglia di Torino, dove gli antagonisti hanno dato alle fiamme le immagini di Meloni e Salvini. Protestare è un diritto, così come lo è scioperare. Ora, senza entrare nel merito che le piazze violente si risvegliano e le serrate si moltiplicano a dismisura sempre quando al governo non c’è la sinistra, il punto è che in questo caos generale che prende il posto dello sciopero nazionale, le parole iperboliche, tragicomiche della Salis danno il polso in maniera plastica di che branco di scappati di casa siano questi scioperati, più che scioperanti. A fare eco alla Salis c’è non a caso Maurizio Landini, l’ex compagno della Fiom che ora guida il primo sindacato d’Italia, la Cgil, verso la sua autodistruzione: è ormai un partito senza arte né parte, ad uso e consumo della tifoseria estrema degli ultras sinistri. Ma mentre questa gente qua sciopera, con i loro “cattivi maestri” (le virgolette sono d’obbligo, ché sono degli illetterati) che farfugliano di “rivoltare il Paese come un guanto”, la stragrande maggioranza degli italiani, innervosita certo dai disagi creati dalle agitazioni e dagli scontri, tira dritto, lavora, costruisce un futuro, senza torcicolli verso il passato. Così come si dà da fare la maggioranza, fuori e dentro Palazzo Chigi. Pure questa è democrazia.


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