Economia

Ok dalla Camera al decreto fiscale, al governo il primo round per la manovra

di Giovanni Vasso -


La Camera conferma la fiducia al governo Meloni e dà il via libera al decreto fiscale: con 151 voti favorevoli, a fronte di 111 contrari e quattro astensioni, il provvedimento è legge. Con il voto di Montecitorio, il concordato fiscale riapre ufficialmente i battenti: ci sarà tempo fino al 12 dicembre per aderire. E per spingere il maggior numero di partite Iva a farlo, per rimpinguare i numeri del concordato preventivo, l’Agenzia delle Entrate ha deciso di iniziare a inviare caterve di lettere a professionisti e imprenditori ritenuti più borderline. Una scelta che ha fatto inalberare i commercialisti che in una nota congiunta e sottoscritta da Francesco Cataldi, presidente dell’Ungdcec, Edoardo Ginevra, presidente dell’Aidc, e Maria Pia Nucera, presidente dell’Adc, definiscono gli invii come “uno strumento intimidatorio” che “generano confusione e preoccupazione tra i contribuenti” raggiunti da comunicazioni “prive di reale contenuto tecnico e informativo” che però “provocano timori tra i cittadini” imponendo “ai commercialisti attività di assistenza a basso valore aggiunto spesso difficilmente retribuibili”. La misura non è piaciuta manco al Dipartimento Economia della Lega che ha sconfessato la valanga di lettere: “Così si snatura uno strumento nato per stabilire un patto di lealtà tra contribuente ed erario e quindi non condivide né lo spirito né l’obiettivo di una simile comunicazione”. Però il governo ha fretta e necessità di reperire risorse e di farlo per il tramite del concordato biennale. C’è bisogno di trovare fondi per finanziare la sforbiciata sul secondo scaglione dell’Irpef, portandolo dall’attuale 35% al 33%.

All’interno del decreto fiscale approvato dalla Camera, però, entrano altre misure sicuramente meno divisive. Una tra queste è il bonus Natale che estende i benefici da 100 euro sulla tredicesima per 4,5 milioni di lavoratori con reddito inferiore ai 28mila euro annui. C’è poi il rinvio, della seconda rata di acconto sulle imposte dirette da novembre al 16 gennaio, con possibilità di rateizzazione (fino a cinque pagamenti), a favore delle partite Iva con redditi inferiori ai 170mila euro. All’interno del decreto, però, sono finite anche altre disposizioni. A cominciare dal riequilibrio regionale del payback farmaceutico, l’aumento di 4,7 miliardi di euro della dotazione per il credito di imposta sugli investimenti di Transizione 4.0 e la possibilità di usare i fondi Covid del 2020 e 2021 ancora presenti sui bilanci dei servizi sanitari regionali per il recupero delle liste d’attesa.
Confermati, inoltre, gli interventi previsti nel testo originale del decreto, tra cui il rifinanziamento di Rfi, Anas e servizio civile, l’aumento delle risorse per soddisfare le richieste dell’Ape sociale del 2024, per i grandi eventi tra cui il Giubileo, per gli straordinari delle Forze di Polizia e dei Vigili del fuoco. Inoltre c’è il caso, che ha sollevato alcune polemiche, legato all’aumento dei fondi del 2 per mille Irpef per i partiti che passano da 25 milioni a 29,6 milioni.

Il via libera della Camera al decreto fiscale rappresenta il primo round del lungo cammino parlamentare verso la manovra. Martedì dovrebbero già iniziare le votazioni sugli emendamenti presentati al progetto di bilancio licenziato dal Mef. Su cui, ieri, è arrivato il giudizio dell’Istat. Secondo gli analisti dell’istituto nazionale di statistica, la manovra “essendo in larga misura indirizzati al sostegno del reddito disponibile di lavoratori, famiglie e redditi bassi”, avrebbe “un effetto positivo soprattutto sui consumi ed eserciterebbe spinte sui prezzi interni, con un aumento delle importazioni e un impatto negativo sul volume dei consumi pubblici”. A fronte di ciò, però, gli economisti Istat notano che “gli investimenti privati reagirebbero solo limitatamente e con ritardo all’aumento della domanda e alla riduzione dei tassi reali di interesse”. Ma le conseguenze ci sarebbero, e non sarebbero nemmeno trascurabili. “L’effetto finale degli interventi simulati sulla crescita del prodotto interno lordo – scrivono gli esperti Istat –  risulta positivo nell’intero triennio: di poco inferiore a due decimi di punto nel 2025 e nel 2026, e di poco superiore ai due decimi nel 2027”. La conseguenza immediata di questo positivo impatto sul Pil sarebbe quella di causare “un aumento indotto del gettito delle imposte, sia dirette sia soprattutto indirette, migliorando quindi gli effetti della manovra sul deficit che potrebbe risultare, in termini di Pil, inferiore a quanto programmato nel Piano Strutturale di Bilancio di medio termine presentato lo scorso settembre”.


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