Corea del Sud, dichiarata la legge marziale, poi la revoca
Giornata di caos in Corea del Sud dopo l’annuncio del presidente Sud Yoon Suk Yeol ha dichiarato la legge marziale di emergenza. La misura, poi revocata dopo le proteste, a detta del presidente sudcoreano, si sarebbe resa necessaria per proteggere il Paese dalle forze comuniste sostenute dall’opposizione che vien accusata di controllare il Parlamento, di simpatizzare per la Corea del Nord e di minare l’azione del governo. La condanna verso la decisione del presidente della Corea del Sud è stata unanime e sia la maggioranza che l’opposizione hanno contestato duramente la scelta che non è nuova nel Paese, essendo la legge marziale stata imposta già dieci volte, l’ultima nel 1979. In sostanza, con questa misura di emergenza si sospende il governo civile, mettendo sotto il controllo militare l’esecutivo, e vengono sospese le procedure legali civili in favore di quelle militari. A seguito della dichiarazione della legge marziale l’esercito aveva inoltre annunciato la sospensione di tutte le attività parlamentari e ai membri dell’Assemblea nazionale è stato impedito l’accesso all’edificio, sito a Seul, da parte della polizia. La conferma era arrivata dal capo di Stato maggiore dell’esercito che ha riferito, nella proclamazione della legge marziale, che “tutte le attività politiche, comprese le attività dell’Assemblea nazionale, delle assemblee locali, dei partiti politici, delle associazioni politiche, dei comizi e delle manifestazioni, sono proibite”, mentre diversi elicotteri sono atterrati sul tetto del Parlamento, al cui ingresso si registrano invece scontri. Nel frattempo però 190 deputati sui 300 totali sono riusciti a entrare in Parlamento e hanno votato all’unanimità contro la legge marziale. Il presidente Yoon Suk Yeol non ha potuto che prendere atto del voto dell’Assemblea nazionale e ha provveduto a revocare lo stato di emergenza.
Torna alle notizie in home