Attualità

IN GIUSTIZIA – Due ergastoli per due femminicidi

di Francesco Da Riva Grechi -


I femminicidi sono il flagello di questi anni e nel corso di una settimana avremo avuto due sentenze a carico di assassini rei confessi di aver ucciso le meravigliose Giulia Tramontano, in attesa di un figlio, e Giulia Cecchettin,. Nel primo caso la Corte d’Assise di Milano ha già emesso il verdetto di condanna all’ergastolo; nel secondo si attende analoga decisione da parte della Corte d’Assise di Venezia. Non c’è una gerarchia tra i fatti criminosi, un omicidio è sempre un omicidio, soprattutto se la vittima è una giovane donna, tuttavia, tra le due vicende ci sono delle differenze profonde. Il fatto che Giulia Tramontano stesse per dare un figlio al suo assassino rende il suo omicidio di particolare gravità. In questa rubrica se ne parlò nel mese di aprile, quando in una Milano primaverile si esprimeva il collegio dei medici legali e si conoscevano i fatti accaduti con la precisione dei periti. La 29enne, incinta al settimo mese del piccolo Thiago, venne colpita con 37 coltellate, di cui 24 al collo, e morì per emorragia.
Altrove, sempre su questa testata, si è potuto leggere del dono dei cancellieri del tribunale, che si sono presentati in aula con una pianta sulla cui confezione si poteva leggere: un “pensiero per Giulia e il suo bimbo mai nato”, consegnata alla mamma della vittima, Loredana Femiano. E sempre in quella sede si è letto delle parole di quest’ultima e della sorella di Giulia per un mondo con più giustizia e futuro perché “Dove c’è giustizia, c’è speranza per le nuove generazioni, affinché possano vivere in un Paese in cui non si ha paura di essere donne”. Nel precedente commento di aprile si commentava del vizio di cui era imbevuta l’ambiziosa, avida ed egoistica vita dell’assassino, Alessandro Impagniatiello di 30 anni, che lavorava come barman in un albergo di lusso di Milano. Un narcisista maligno, incapace di relazioni affettive, per il quale l’esistenza consisteva semplicemente nel scegliersi le vittime e nello scegliere come far loro più male. Il fatto che si sia accanito con così tanta violenza anche sul “suo” piccolo Thiago lo pone tuttavia in una dimensione del tutto particolare. Sempre su questa testata si è letto come, ai periti che lo esaminavano, Impagnatiello abbia detto: “Cancellare Giulia era come buttare una caramella”. E, dal carcere, “Sabato scorso ero in Montenapoleone, ora sono all’ergastolo”. Si tratta di analizzare nel profondo una personalità così infame ma, a parere di chi scrive, non si può fare a meno di coinvolgere nell’attività di prevenzione a favore delle donne potenziali vittime di individui di questo tipo anche il contesto morale nel quale abbia potuto vivere ed affermarsi Alessandro Impagniatiello. La gravità della situazione impone di rispolverare i giudizi morali, oltreché criminologici e psicologici sulle persone, perché una prevenzione efficace richiede l’accettazione del rischio di sbagliare, intervenendo prima che un criminale come Impagnatiello possa uccidere ed agire in modo irrimediabile. Prevenzione e sicurezza presuppongono una morale pubblica secondo la quale non ci deve essere posto per individui così pericolosi anche se non arrivano a compiere delitti così efferati. Diverso il caso di Filippo Turetta che pur altrettanto malvagio sembra però un fenomeno più occasionale nel suo contesto di riferimento.


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