Economia

La Cop29 annega in un mare di parole

di Giovanni Vasso -


Parole, parole, parole: la Cop29 è finita. Con un sostanziale nulla di fatto. Come era fin troppo ampiamente prevedibile. Il mondo balla sull’orlo del baratro di una terza guerra globale, alla Casa Bianca è tornato Donald Trump anche perché le bollette costano fin troppo care, la Cina è la potenza ormai egemone delle tecnologie green e l’Ue non sa più come fare per svincolarsi dall’abbraccio del Dragone. Si capisce che per i governi, almeno quelli occidentali, è cambiata la musica. Epperò rimane la questione dei Paesi poveri che, mai come oggi, hanno riscoperto un ruolo da ago della bilancia sullo scenario geopolitico. E lo hanno fatto capendo, una volta di più, che l’Occidente innervato di rimorsi e sensi di colpa rappresenta un alleato, o un bancomat, da sfruttare finché ce n’è. A completare il quadro c’è l’Onu, mai così in discussione, mai così vicina a far la fine della vecchia Società delle Nazione, come oggi. La Cop29 a Baku è finita. C’è voluto un giorno in più per trovare un accordo che non piace a nessuno. Non piace ai Paesi ricchi che dovranno sborsare fino a 300 miliardi l’anno per mitigare il rischio climatico in quelli poveri. A cui l’accordo non piace perché speravano di scucire all’Occidente qualcosa di più. In mezzo ci sono le Ong di tutto il mondo. Che hanno fiutato l’aria. Il tema del clima non mobilita le coscienze, non convince l’elettorato, non smuove più i governi. Adesso, perciò, è arrivato il momento di alzare i toni dello scontro.

Parole, parole, parole. Come quelle del presidente americano Joe Biden che approfitta della conclusione della Cop 29 per rilanciare il suo fiore all’occhiello, l’Inflaction Reduction Act “il più grande investimento nel clima e nell’energia pulita della storia”. E pure la più grande operazione protezionistica dell’industria americana degli ultimi decenni. “Alcuni potrebbero cercare di negare o ritardare la rivoluzione dell’energia pulita in corso in America e nel mondo, nessuno può invertirla, nessuno”, dice Sleepy Joe scordandosi che Trump ha già annunciato che gli Usa usciranno dall’Accordo di Parigi mandando in frantumi le aspirazioni dell’iniziativa di Baku prima ancora che iniziasse. Parole, parole, parole. Come quelle di Ursula von der Leyen, pronta al mandato bis a Bruxelles: “Una nuova era per la cooperazione e la finanza sul clima”, ha detto aggiungendo che l’accordo sui trecento miliardi “stimolerà gli investimenti nella transizione pulita, riducendo le emissioni e rafforzando la resilienza al cambiamento climatico”. Chissà se i dazi alla Cina aiuteranno l’Europa, che saluterà definitivamente il gas russo entro la fine di quest’anno e al massimo a metà 2025 (quando anche la Cechia rinuncerà ai rifornimenti), a rilanciare la sua industria, praticamente all’anno zero. Parole, parole, parole. Come quelle del segretario generale Onu Antonio Guterres, l’uomo che ha portato alla ribalta mondiale la signorina Greta Thurnberg sposandone i proclami apocalittici: “L’accordo deve essere onorato per intero e in tempo, faccio appello ai governi affinché lo facciano con urgenza”. Altrimenti, chi crederà più che l’Onu serve davvero a qualcosa? “Avevo sperato in un risultato più ambizioso – ha aggiunto Guterres -, sia in termini finanziari che di mitigazione, per soddisfare la portata della grande sfida che ci troviamo ad affrontare, ma l’accordo raggiunto fornisce una base su cui costruire”. Parole, parole, parole. Come quelle di Catherine Russell, segretaria dell’Unicef: “Questo accordo è una risposta positiva alle richieste avanzate dai bambini e dai giovani alla Cop29”. Frasi che ricordano quel vecchio tormentone di Helen Lovejoy: “Nessuno pensa ai bambini?”, vuoi vedere che i Simpsons hanno azzeccato l’ennesima profezia?

Parole, parole, parole. Come quelle delle mille e una Ong, tutte deluse, infuriate, arrabbiate. Come Legambiente secondo cui “l’Europa e gli altri Paesi industrializzati non sono stati in grado di fornire ai più poveri e vulnerabili le necessarie risorse finanziarie per superare insieme la drammatica emergenza climatica globale”. O come Wwf che azzanna: “Il mondo è stato tradito da questo debole accordo sui finanziamenti per il clima. In un momento cruciale per il Pianeta, questo fallimento minaccia di far regredire gli sforzi globali per affrontare la crisi climatica. E rischia di lasciare le comunità vulnerabili esposte a un’escalation di catastrofi climatiche. È un duro colpo all’azione per il clima, ma non deve bloccare le soluzioni di cui c’è un disperato bisogno in tutto il mondo”.

La Cop29 è finita. Tra un anno se ne riparlerà nel cuore dell’Amazzonia. La Cop30 sarà ospitata dal Brasile di Lula. Ma non lasciatevi ingannare. Dopo Dubai e dopo l’Azerbaigian, sarà un altro paese produttore di petrolio, la cui azienda di punta Petrobras ha già annunciato la distribuzione dell’equivalente di 55 miliardi di dollari in dividendi fino al 2029, a ospitare la kermesse che vorrebbe limitare e dire addio alle energie fossili. Parole, parole, parole. Appunto.


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