Salvini sponsorizza Zaia governatore fino alle Olimpiadi
La storia della seconda Repubblica insegna che rianimare una leadership di partito in crisi è impresa ardua. Nemmeno Berlusconi è riuscito a risalire la corrente avversa, con Forza Italia che ha visto gli elettori moderati di centrodestra prima trasferirsi nella casa della Lega fino al 2019, poi dall’autunno 2022 hanno portato armi e bagagli in quella di Fratelli d’Italia. Anche l’ultima tornata elettorale in Emilia Romagna e Umbria, dove il centrosinistra ha avuto la meglio, ha constatato la Lega di Salvini in repentino calo di consensi a favore del partito di Giorgia Meloni, diventato la casa dei moderati. Per questo al di là delle affermazioni di principio del segretario Salvini l’altro giorno al consiglio federale (“a noi spetta il candidato in Veneto”), con la maggioranza che anche lo scorso giugno ha vontato contro il terzo mandato, la carica di presidente del Veneto è diventata una priorità. Ma per chi? Così nel giorno in cui Salvini avrebbe potuto festeggiare il nuovo codice della strada da lui fortissimamente voluto perché garantisce “più sicurezza e prevenzione sulle nostre strade con l’obiettivo di ridurre le stragi sulle strade italiane”, è costretto a giocare in difesa perché all’interno della Lega la tensione torna a salire soprattutto a Nordest, dove la base rumoreggia da due anni. Luca Zaia l’altro giorno, collegato da remoto, non gliel’ha mandate a dire quando ha specificato che “la questione settentrionale è quanto mai attuale, anche perché del Nord ci si occupa sempre meno”. Concetti che ieri sono stati rilanciati anche dal collega governatore della Lombardia, Attilio Fontana. Tra l’altro da tempo c’è una “questione Zaia” dentro la Lega e nella maggioranza di centrodestra del Veneto in vista delle prossime Regionali dell’autunno 2025. Il timore del leghismo veneto è che se dalle urne uscisse la riconferma del 37% di FdI andrebbe tutto a rotoli. Salvini l’altro giorno ha rassicurato che il Veneto avrà un candidato leghista in corsa per Palazzo Balbi, ma sono state avvertite come parole di bandiera. Anche sul terzo ha ribadito che “io continuo a ritenere che negare la possibilità di riscegliere un bravo sindaco o un governatore è un errore”, ma la bocciatura della norma imporrebbe la ricerca di un altro candidato. Uno che maneggia bene sondaggi e flussi elettorali è Giovanni Diamanti, che le dinamiche venete le conosce bene – insegna political strategist e marketing politico all’Università di Padova – per il quale sicuramente FdI avanzerà la richiesta di avere il candidato governatore ma “il partito di Meloni dovrà esprimere dei nomi che possano trovare la quadra con un ampio consenso”. Anche perché qualora non fosse riesumato il terzo mandato e la lista Zaia, che nel 2020 ottenne il 44,5% dei suffragi (quasi il triplo della Lega), non si presentasse nella coalizione e approdasse a un civismo autonomo, “si potrebbero aprire inaspettatamente scenari interessanti”, chiosa Diamanti, per il centrosinistra, perché è pacifico che se il centrodestra è unito non c’è partita. Ecco che allora una delle soluzioni su cui potrebbe convergere anche il centrosinistra è quello di far slittare le regionali, che si tennere nell’autunno 2020 per la pandemia, alla primavera 2026. Oltre ai veneti sarebbero chiamati alle urne anche campani e pugliesi, regioni governate dal centrosinistra, la prima delle quali con la questione De Luca per la segretaria Schlein. Nel frattempo Zaia potrebbe fare il gran cerimoniere delle Olimpiadi invernali a Cortina in programma dal 6 al 22 febbraio 2026, ruolo che gli interessa molto visto che è stato uno dei promotori, e dopo 16 anni (più di tre mandati effettivi) da amato Doge, potrebbe concorrere a qualche altro incarico di prestigio a livello nazionale. Le capacità le ha come ha dimostrato con il 77% di consensi raccolti nel 2020, parte dei quali raccolti anche nel popolo di centrosinistra. Liberando così il posto a un rappresentante di Fdi e in pole position ci sarebbe il senatore Luca De Carlo. Per adesso Zaia insiste sul fatto che la Lega deve tenere caldi i temi identitari sui quali è cresciuta al Nord, altrimenti l’erosione del consenso proseguirà, arrivando a mettere a terra il prima possibile, dopo la sentenza della Consulta attesa entro metà dicembre, l’auspicata riforma dell’autonomia differenziata, sulla quale dal 2017 ha ipotecato la sua credibilità politica chiamando alle urne i veneti che risposero in massa. Intanto, Matteo Salvini deve fare fronte a una base sempre più insofferente che gli imputa di avere tradito le istanze del Nord.
Tajani attacca Zaia su terzo mandato, Autonomia e nucleare
Torna alle notizie in home