L’obiettivo dei venti miliardi di ricavi slitta dal 2027 al 2030, ma l’amministratore delegato di STMicroelectronics Jean Marc Chery si toglie qualche macigno dai mocassini. E lo fa direttamente dal Capital Markets Day della società tenutosi ieri a Parigi. Per Chery, come riporta Reuters, i governi hanno qualche responsabilità di troppo nell’aver “introdotto distorsioni nel panorama dell’industria dei chip” e per aver “portato comportamenti insoliti nella catena di fornitura come doppie prenotazioni, sovraccarichi e significativi investimenti in sovracapacità”. La corsa ai semiconduttori, scatenatasi nei mesi scorsi e dettata dalla guerra commerciale sulle materie prime da un alto e dalla corsa alla primazia (o quantomeno al sogno dell’autosufficienza) tecnologica hanno indotto i governi dei Paesi di tutto il mondo ad accelerare su progetti, investimenti, intese, strategie. Anche l’Italia ci ha provato. E proprio con il governo italiano, nei mesi scorsi, Chery aveva avuto un solenne battibecco sull’identità nazionale dell’azienda. Il Ceo, riconfermato dal board ormai “francesizzato”, era accusato di favorire la Francia a discapito dell’Italia nella produzione dei chip. La querelle rientrò dopo poco tempo. Un braccio di ferro che, però, potrebbe tornare d’attualità con l’agitazione degli operai di Agrate e in tutta Italia dopo le notizie che davano l’azienda pronta a individuare ben 2mila esuberi nella forza lavoro sul territorio italiano. Per quanto riguarda i ricavi l’obiettivo al 2027 è di 18 miliardi. In Borsa il titolo di STMicroelectronics, dopo l’annuncio dello slittamento al 2030, non ha brillato.