Deepfake: sfida etica e giuridica nell’era dell’Intelligenza Artificiale
Negli ultimi anni, con l’avvento e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, è cresciuto sempre più il fenomeno dei deepfake. Si tratta di una tecnica che sfrutta la tecnologia per perpetrare e diffondere ricatti, minacce, cyberbullismo, truffe, bufale, satira aggressiva e altri crimini informatici. Utilizzando immagini, video e audio di persone reperiti online, alcuni criminali creano, tramite appositi applicativi che sfruttano l’IA, cloni virtuali che collocano le ignare vittime, spesso minorenni, in situazioni scandalose o compromettenti, usandoli poi come strumenti di ricatto o per altre azioni illecite. Questa nuova frontiera del crimine online solleva inevitabilmente questioni fondamentali che hanno a che fare non solo con la sicurezza, ma anche con l’etica e il diritto, e che richiedono risposte chiare e ferme da parte della società.
Partiamo da una considerazione molto semplice: il progresso tecnologico è e sarà sempre un passo avanti rispetto alla legislazione, e l’intelligenza artificiale non fa eccezione. Di fronte al rischio concreto che certi individui possano abusare di questi strumenti, occorre fare appello alla politica, inclusi gli organi dell’Unione Europea, affinché essa sappia mantenere un sano equilibrio tra la sicurezza e l’innovazione. La reazione tipica da parte dei politici di fronte alle nuove frontiere tecnologiche (ancor prima che ai rischi che ne derivano) è quella di promulgare normative restrittive, che vorrebbero garantire la sicurezza, ma che in realtà finiscono per soffocare il potenziale creativo e innovativo del settore. Lo abbiamo visto in questi ultimi mesi con la fantomatica e ritardataria Legge UE sull’IA.
La tentazione (tipicamente europea e in particolare italiana) di rispondere all’abuso dei deepfake con misure, proibizioni e regolazioni estese potrebbe essere più dannosa che benefica. In un contesto europeo già segnato da normative rigorose in ambito digitale, è essenziale che le istituzioni resistano alla tentazione di intraprendere un approccio draconiano che paralizzi ulteriormente la ricerca e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Le tecnologie IA portano benefici significativi in molti campi, dalla medicina all’istruzione, dall’industria creativa alla sicurezza nazionale. La politica dovrebbe dunque promuovere norme che indirizzino l’uso responsabile dell’IA, senza sacrificare le sue potenzialità. È possibile, e doveroso, difendere il diritto alla privacy e alla dignità senza minare la base stessa del progresso tecnologico.
L’inviolabilità della proprietà è un principio sacro, ma la proprietà inizia innanzitutto con il proprio corpo e con l’identità stessa di ogni individuo. La manipolazione così realistica di immagini e video mina la dignità personale e viola quella che è una proprietà inviolabile: l’identità personale. Tale crimine non è solo un abuso di tecnologia, ma un attacco vero e proprio al diritto di ogni individuo all’onorabilità. I legislatori, dunque, sono chiamati a garantire che chiunque scelga di usare le tecnologie per fini illeciti venga fermato con forza e determinazione. In questo senso, il diritto deve riflettere l’idea che la libertà di impresa e di innovazione deve essere affiancata da una punizione altrettanto radicale per chi abusa di queste libertà.
Una libertà priva di limiti o di conseguenze in materia di responsabilità non può esistere, poiché minerebbe la stessa giustizia. La dignità e l’onore di ogni persona devono essere protetti in modo assoluto, in quanto riflessi della persona stessa e della sua inviolabilità. In questa sfida, i legislatori devono applicare pene molto severe per scoraggiare questi atti di sfruttamento, in modo che non si instauri la percezione che queste pratiche siano tollerabili o accettabili. Non è, pertanto, limitando l’uso, il commercio o lo sviluppo dell’IA che si contrasterà in maniera efficace il crimine dei deepfake, ma attraverso una punizione certa e dura verso chi abusa di tali tecnologie.
Per di più, bisogna ricordare che il primo baluardo di difesa contro i pericoli del mondo digitale è rappresentato dalla famiglia. Il fenomeno dei deepfake richiede una risposta che coinvolga direttamente i genitori e i tutori, ancor prima che le scuole e le istituzioni statali. La tecnologia e il digitale sono ormai parte integrante della vita di ogni persona, ma la responsabilità dell’uso corretto dei dati personali, in particolare di quelli dei minori, spetta principalmente a chi ha il compito di educare e proteggere. Basta delegare sempre allo stato: non è questo che deve intervenire nella sfera privata dell’educazione familiare, ma sono i genitori a dover sviluppare e trasmettere un’etica digitale che tuteli i minori da abusi futuri.
Che si tratti di condividere foto dei propri figli sui social media o di fornire loro dispositivi connessi alla rete, i genitori devono considerare l’impatto potenziale di tali azioni. Ciò implica informarsi e agire con saggezza, evitando di esporre i bambini a rischi inutili e considerando sempre le conseguenze di un uso indiscriminato di immagini personali online. I pericoli del deepfake ci ricordano che la protezione della privacy e della dignità personale è prima di tutto una responsabilità morale ed educativa. La sfera economica non deve essere l’unico criterio guida: è l’etica, in particolare quella familiare, che deve orientare le decisioni dei genitori in quest’era digitale.
I deepfake rappresentano un fenomeno certamente allarmante e dalle conseguenze potenzialmente devastanti. Tuttavia, come per ogni abuso tecnologico, la risposta non può e non deve essere l’abolizione (cosa, tra l’altro, impossibile) né la regolamentazione, ma un invito a gestire l’innovazione con responsabilità e rispetto dei diritti individuali. La politica, i legislatori e le famiglie devono collaborare in maniera sensata, per promuovere un uso responsabile della tecnologia, difendendo la libertà e al contempo assicurando giustizia per coloro che ne subiscono abusi. La dignità umana e il progresso tecnologico possono convivere armoniosamente, senza sacrifici né compromessi sul piano del diritto e della morale.
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