Sanità in rivolta, sciopero di 50mila medici contro la Manovra
Era già accaduto lo scorso anno, più precisamente il 18 dicembre 2023, quando i medici, i veterinari e i professionisti del settore sanitario avevano scioperato per 24 ore per protestare contro la Manovra 2024. Uno sciopero che era stato definito come l’extrema ratio a cui ricorrere per reclamare il diritto pubblico alla salute garantito dal personale pubblico. Oggi, quasi un anno dopo, medici e infermieri di tutta Italia tornano a incrociare le braccia contro la Manovra 2025, per lo sciopero indetto dai sindacati Anaao Assomed, Cimo-Fesmed e Nursing Up, al fine di denunciare una “situazione critica” nel sistema sanitario. Sono diverse le motivazioni dello stop che, con circa 50mila camici bianchi aderenti, metterà a rischio circa 1,2 milioni di prestazioni sanitarie tra visite, esami e interventi programmati, mentre rimarranno garantiti solo i servizi essenziali, come il pronto soccorso e la terapia intensiva. Il personale sanitario protesta contro una serie di problematiche che ritiene non più sostenibili, legate principalmente a finanziamenti insufficienti e a una gestione inadeguata delle risorse. Tra le principali criticità segnalano l’assegnazione di fondi inadeguati per i contratti di lavoro, sia nel pubblico che nel privato e la mancata detassazione delle retribuzioni, che avrebbe potuto migliorare le condizioni economiche dei lavoratori. Inoltre, spiegano, non è stata attuata la normativa sulla depenalizzazione degli atti medici, lasciando i professionisti esposti a gravi responsabilità legali, e l’aumento dell’indennità di specificità per gli infermieri è considerato insufficiente, oltre a non essere esteso alle ostetriche. La protesta denuncia anche la mancanza di risorse per nuove assunzioni, che acuisce la carenza di personale, e l’assenza di misure per garantire la sicurezza negli ospedali, spesso teatro di aggressioni contro medici e infermieri. Altri problemi includono la mancata riforma delle cure ospedaliere e territoriali, la mancata contrattualizzazione degli specializzandi in area medica e sanitaria e l’assenza di una retribuzione per quelli di aree non mediche. Si chiede inoltre il riconoscimento delle professioni assistenziali come attività usuranti, per consentire l’accesso ai benefici di legge, e l’abolizione del vincolo di esclusività che limita le opportunità lavorative di infermieri e altri professionisti sanitari. A questo si aggiunge la richiesta di sospendere l’Accordo Stato-Regioni sull’introduzione dell’assistente infermiere, temendo che possa svalutarne il ruolo. Più di un punto, tuttavia, derivante da una struttura – quella del SSN – affetta da una crisi cronica, ormai latente da oltre vent’anni. Per questo, e su questo punto, è intervenuto il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, esprimendo perplessità chiedendosi perché lo sciopero non sia stato indetto “nel momento in cui si tagliava il Fondo sanitario nazionale”. Tuttavia, continua, lo sciopero “ci serve da stimolo a lavorare meglio”, anche perché, spiega, “i punti alla base della protesta sono attenzionati in questa legge di Bilancio, lo saranno nella prossima, e sono stati affrontati nei passati 24 mesi dal Governo e dal ministro Schillaci. Tra questi, la defiscalizzazione delle prestazioni, l’aumento del personale e l’ incremento del Fondo sanitario nazionale”. Uno sciopero, quello dei medici, che si inserisce in un periodo di altre proteste che hanno portato gravi disagi ai cittadini e alla gestione dei servizi pubblici.
Quelle del trasporto ferroviario, che non si ferma. Ancora una volta, quello del 23 e 24 novembre sarà l’ennesimo weekend nero dei trasporti su rotaia, visto lo stop del personale di Trenitalia, Trenord e Tper, contro il “peggioramento costante delle condizioni di lavoro”. E non finirà qui: perché sia il personale sanitario, sia quello dei trasporti hanno annunciato nuove proteste in caso di mancate risposte.
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