A Rio de Janeiro un G20 tra proclami e divisioni
Il presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, ha aperto i lavori del vertice del G20 accogliendo i capi di Stato e di governo a Rio de Janeiro, definita “la sintesi dei contrasti che caratterizzano il Brasile, l’America Latina e il mondo”.
La presidenza brasiliana ha lanciato l’Alleanza globale contro la fame e la povertà per mobilitare Paesi e organizzazioni al fine di intensificare gli sforzi per porre fine alle due emergenze entro il 2030. L’obiettivo è sviluppare raccomandazioni internazionali, politiche pubbliche efficaci e fonti di finanziamento. Ad oggi vi hanno aderito 81 Paesi, l’Unione europea, l’Unione africana, 24 organizzazioni internazionali, 9 istituzioni finanziarie e 31 fondazioni filantropiche e Organizzazioni non governative.
Il padrone di casa ha evidenziato che i Paesi che compongono il G20 rappresentano l’85 per cento del Pil mondiale e il 75 per cento dei 32 mila miliardi di dollari di scambi di beni e servizi oltre ai due terzi degli 8 miliardi di abitanti del pianeta. “Spetta a noi, intorno a questo tavolo, porre fine a questo flagello che fa vergognare l’umanità”, ha proseguito il leader brasiliano.
“Questa sarà la nostra più grande eredità. L’Alleanza nasce al G20 in Brasile, ma il suo destino è globale”, ha concluso Luiz Inacio Lula da Silva, augurandosi che “questo vertice sia caratterizzato dal coraggio di agire”.
Non mancano tuttavia le ombre. Tra i nodi da sciogliere per arrivare a una dichiarazione finale, le crisi di Ucraina e Medio Oriente. Secondo quanto riferito da fonti diplomatiche italiane, la trattativa ha incontrato degli intoppi anche per l’evoluzione sul campo del conflitto ucraino. Per trovare un accordo, si starebbe cercando un punto di incontro sui principi e le risoluzioni delle Nazioni Unite.
Agenda fitta di appuntamenti per la presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni. Domenica ha avuto il suo primo incontro bilaterale con il presidente brasiliano. Ieri, invece, si sono susseguiti i bilaterali fissati con il premier indiano Narendra Modi, il primo ministro canadese Justin Trudeau, il principe ereditario emiratino Khaled bin Mohamed bin Zayed Al Nahyan e il presidente della Banca Mondiale Ajay Banga.
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