Esteri

Borrell alza la voce: “L’Europa parli linguaggio della potenza”

di Cristiana Flaminio -


L’Europa deve parlare “il linguaggio della potenza”: ne è convinto l’alto rappresentante Ue Josep Borrell che, da Bruxelles, tuona: “Dobbiamo imparare ad usare il linguaggio della potenza. È vero oggi ancora più di cinque anni fa. Ma, per usare il linguaggio della potenza, per dimostrare di essere potenti, bisogna essere uniti”. Borrell ha spiegato: “Non si può essere una potenza senza essere uniti e noi troppe volte non lo siamo stati. Abbiamo discusso troppo a lungo: non si può fingere di essere una nuova potenza politica se ci vogliono giorni, settimane o mesi per raggiungere un accordo”. Le parole di Borrell, a margine del Consiglio degli Affari Esteri, smascherano il grande vizio di fondo di questa Ue. La paralisi amministrativa, la lentezza elefantiaca delle decisioni, la drammatica divisione che rimpicciolisce l’Europa e valorizza le posizioni dei singoli Stati membri. Borrell è furioso (anche) con la Russia. E attacca il presidente Vladimir Putin: “Risponde ad ogni tentativo di parlare e di negoziare lanciando l’attacco più duro da mesi contro le infrastrutture civili dell’Ucraina, in particolare quelle elettriche. Ha usato un elevato numero di droni: non sembra proprio che sia intenzionato a negoziare”. Ma sotto gli strali di Borrell, nei giorni scorsi, è finita pure Israele: “Non possiamo continuare come se non fosse successo niente. Per questo motivo ho proposto agli Stati membri dell’Ue di vietare le importazioni dagli insediamenti illegali e di sospendere il dialogo politico con Israele. Discuteremo queste misure al Consiglio Affari Esteri la prossima settimana”. E ancora: “Il sostegno all’ordine mondiale basato sulle regole inizia applicando le sue regole senza distinzioni e difendendo le istituzioni incaricate di attuarle. Questo vale per il segretario generale delle Nazioni Unite, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nonché per la Corte penale internazionale, la Corte internazionale di giustizia, l’Unrwa e tutte le agenzie delle Nazioni Unite”. Quindi la proposta: “In altre situazioni in cui queste norme internazionali vengono regolarmente violate, abbiamo messo in atto numerose sanzioni, dal divieto di visto e l’inserimento negli elenchi dei terroristi alle restrizioni sulle importazioni e alle sanzioni economiche. Finora Israele è stata risparmiata da qualsiasi conseguenza significativa. Ciò deve cambiare. Questo è il motivo per cui ho proposto un divieto di importazione di prodotti provenienti dagli insediamenti illegali, sulla base del recente parere consultivo della Corte internazionale di giustizia, simile all’attuale divieto di importazione di prodotti provenienti dai territori ucraini occupati, perché l’imparzialità è il fulcro della credibilità dell’Europa”. E infine: “Ho anche richiesto al rappresentante speciale dell’Ue per i Diritti umani una valutazione del rispetto da parte di Israele dell’accordo di associazione con l’Ue, che presenterò presto ai nostri Stati membri. Sulla base di questa valutazione, proporrò agli Stati membri dell’Ue di sospendere il dialogo politico con Israele. Dopo un anno di richieste inascoltate, non possiamo continuare a fare affari come al solito”.


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