Economia

Marketplace, l’Ue stanga Zucky: 800 milioni

di Giovanni Vasso -


Stangata Ue a Meta: per il Marketplace, dovrà scucire poco meno di 800 milioni di euro. L’Antitrust europeo colpisce ancora e, di nuovo, a pagare dovrà essere Mark Zuckerberg, un uomo che conta i soldi in fantastiliardi e che si riteneva tanto ricco (e potente) da poter lasciar trapelare l’ipotesi di “chiudere” la sua piattaforma nel territorio europeo. L’Antitrust Ue ha rilevato condotte commerciali sleali nell’unire la piattaforma di annunci al nome del social Facebook e nell’imposizione di “condizioni commerciali sleali ad altri fornitori di servizi di annunci economici online”. Secondo il dipartimento della Commissione governato (ancora per poco) dalla danese Margrethe Vestager, è scorretto imporre la sovrapposizione di Marketplace a Facebook in modo tale che gli utenti ne rimangono esposti che lo vogliano oppure no. Questo è stato definito dalla Commissione come un vantaggio distributivo incolmabile da parte dei concorrenti. Meta inoltre avrebbe imposto “in modo unilaterale” condizioni commerciali ingiuste ad altri fornitori di servizi di annunci economici online che fanno pubblicità sulle piattaforme di Meta, in particolare su Facebook e Instagram. Queste condizioni, per l’Antitrust Ue, permettono a Meta “di utilizzare i dati relativi agli annunci generati da altri inserzionisti a esclusivo vantaggio del Marketplace di Facebook”. Insomma la solita vicenda che riguarda gli Over the Top. Hanno conquistato una posizione simil-monopolistica sul web e fanno di tutto per sfruttarla, difenderla, monetizzarla. E se qualcuno osa controbattere viene zittito, magari sbattuto in un algoritmo ombra. La notizia è stata salutata con soddisfazione dal presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che ha colto il destro per ribadire la necessità di rivedere l’attuale impianto della web tax: “Insisteremo sulla web tax. E se qualche portavoce dei colossi della rete critica le iniziative di Forza Italia non ci faremo intimidire. Andremo avanti. Perché bisogna far pagare i colossi, non i giornali o gli operatori della comunicazione di piccole e medie dimensioni”.


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