Quell’immigrato che lavorava illegalmente: IL VIDEO Gli albori di Musk, oggi al fianco di Trump
Da tempo nemico delle “frontiere aperte”, da oggi ufficialmente al fianco dell’amministrazione guidata da Donald Trump con l’incarico di responsabile dei prossimi tagli alla burocrazia degli Stati Uniti, Elon Musk è stato negli ultimi mesi più ricorrentemente inseguito da polemiche e inchieste giornalistiche che hanno cercato di metterlo in fallo o comunque di rivelarne il comportamento contraddittorio. Riguardo al tema degli immigrati si era tornati a discutere – come ha fatto il Washington Post un mese fa ancor prima della rielezione di Trump alla Casa Bianca – lo status di Musk e di suo fratello negli Usa fin dal via dello loro ascesa imprenditoriale.
Musk ha iniziato la sua carriera lavorando illegalmente, così il quotidiano statunitense raccontando dettagliatamente ciò che avveniva mentre – lo narra pure il video di un giovanissimo Musk del 1996 che pubblichiamo qui sotto – il magnate ora stabile compagno di Trump nella nuova amministrazione era agli albori della sua straordinaria carriera, da lui sempre ricordati tra il serio e il faceto, oppure ribaltando la questione parlando di un Paese dalle frontiere frequentemente bucate e che poi contemporaneamente ostacola la crescita di immigrati talentuosi.
Molto prima di diventare ciò che è oggi, il sudafricano Elon Musk ha lavorato illegalmente negli Stati Uniti – questa la tesi del Washington Post – “mentre lanciava la sua carriera imprenditoriale dopo aver abbandonato un programma di studi universitari in California”.
Non avrebbe avuto il diritto legale di lavorare durante la costruzione dell’azienda che è diventata Zip2, venduta poi per circa 300 milioni di dollari nel 1999. Quello che fu il suo trampolino di lancio verso Tesla e le altre che lo hanno reso la persona più ricca del mondo e certamente l’immigrato di maggior successo d’America.
“Musk e suo fratello Kimbal hanno spesso descritto il loro viaggio di immigrati in termini romantici, come un periodo di austerità personale, ambizione imperterrita e volontà di farsi beffe delle convenzioni”, ha scritto il quotidiano, riferendo che Musk era arrivato a Palo Alto nel 1995 per un corso di laurea alla Stanford University ma non si iscrisse poi mai ai corsi, lavorando invece alla sua startup.
Gli studenti stranieri non potevano abbandonare la scuola per costruire un’azienda, circostanza che non poco impensierì la società da lui fondata perché, se avesse voluto entrare in una fusione di alto profilo, sarebbe stata sottoposta a controllo da parte della Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti. Pari timori poprtò il versamento, da parte della società di venture capital Mohr Davidow Ventures, di 3 milioni di dollari nella società di Musk nel 1996. Preoccupava lo status legale di Musk, sul quale ha sempre poi sorvolato. “Nel 2013 ha scherzato sul fatto di essere stato in una “zona grigia” all’inizio della sua carriera – ha scritto il giornale – . E nel 2020 ha dichiarato di avere un “visto di lavoro per studenti” dopo aver rinviato i suoi studi a Stanford“.
Una vicenda che oggi è solo una polemica giornalistica. Paradossalmente originata, si può infine notare, dalle “maglie larghe” che all’epoca favorirono Musk. Era presidente Bill Clinton, era guidata dai Democratici oggi pesantemente sconfitti da Trump proprio con il forte contributo, di idee ed economico, di quel giovane immigrato di allora.
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