Autonomia, battaglia su referendum e firme: Consulta in conclave
La battaglia sull’Autonomia differenziata entra nel vivo. Da ieri sera la Corte Costituzionale è in conclave per decidere sull’ammissibilità dei ricorsi referendari che potrebbero spaccare il Paese. “Per me chi è contro l’autonomia non si fida dei propri cittadini”, afferma il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, che si trova in Emilia Romagna per chiudere la campagna elettorale in vista del voto di domenica per l’elezione del nuovo governatore. La Consulta deve pronunciarsi sui quesiti delle regioni di centrosinistra: Puglia, Toscana, Sardegna e Campania. La sentenza è attesa entro metà dicembre, perché poi la Cassazione deciderà sulle firme per i quesiti referendari. In base a quanto stabiliranno i giudici costituzionali potrebbero essere ritenuti superati. E se la legge Calderoli venisse dichiarata incostituzionale anche solo in parte, la decisione peserebbe sul referendum. Comunque l’ultima parola sull’ammissibilità dei quesiti referendari, dopo il vaglio delle firme in Cassazione, spetterà alla Consulta.
Gli sfidanti – Secondo i ricorrenti la legge Calderoli disegna un sistema regionalista che potrebbe “non essere sostenibile finanziariamente” perché porterebbe “non a un quadro efficiente di autonomia volta a rispondere meglio alle esigenze del territorio, ma ad una autonomia anti-solidaristica e inefficiente nel garantire accesso rispetto ai servizi essenziali”, afferma in aula per la Toscana Andrea Pertici, ordinario di diritto Costituzionale a Pisa. “Intendiamoci – aggiunge il cattedratico – la Toscana guarda con favore alla autonomia e l’autonomia vuol dire anche differenziazione, ma dev’essere realizzata nel rispetto dei principi costituzionali e con una adeguata tutela delle competenze di tutte le regioni”. Sulla stessa lunghezza d’onda la Puglia, rappresentata dagli avvocati Rosanna Lanza e dall’accademico dei Lincei Massimo Luciani. Quest’ultimo sottolinea che “se il ricorso fosse stato letto più attentamente si sarebbe agevolmente constatato che a essere contestato è l’art. 116 della Costituzione non nel suo originario testo ma per come novellato dalla legge costituzionale n.3 del 2001”. Luciani classifica in tre gruppi le ragioni dei 12 motivi di ricorso alla legge Calderoli: vizi generali della legge e concernenti i procedimenti previsti dalla legge oltre che vizi sostanziali. Egli ricorda che la Calderoli “prevede l’autonomia particolare, non l’autonomia differenziata” e le denominazioni «non sono mai innocenti”.
I Difensori – All’opposto si muove il prof. Mario Bertolissi dell’Università di Padova, che rappresenta il Veneto nell’intervento ad opponendum presentato anche da Piemonte e Lombardia sottolinea che l’Autonomia “non toglie garanzie ma cerca di sburocratizzare e far funzionare meglio le cose”. Così il prof. Marcello Cecchetti per il Piemonte osserva che “le interpretazioni della Costituzione dei ricorrenti non ci convincono e ci pregiudicano”. In precedenza Luca Zaia, alle prese con la presentazione del suo nuovo libro, ca va sandir, “Autonomia”, con cui sostiene che migliorerà istruzione, welfare e lavoro, gongola quando la Consulta in mattinata riconosce l’interesse del Veneto a difendere la legge sull’Autonomia e il diritto a vedere rappresentate le sue ragioni in aula. “È importante – dice – perché da subito abbiamo sostenuto che la legge è una norma che deve essere difesa nella consapevolezza che rappresenta l’avvio di un nuovo corso per il Paese”. “Se, per assurdo, la legge saltasse – aggiunge – i primi ad essere penalizzati sarebbero i veneti che hanno il diritto di chiedere l’applicazione dell’autonomia e avviare il negoziato. Per noi l’Autonomia è la rivoluzione pacifica in grado di rilanciare la crescita”. Lunedì Zaia ha incontrato quattro ministri (Calderoli, Piantedosi, Musumeci e Zangrillo) a Roma ed ha incassato il sì sulla Protezione civile decentralizzata. “Non vogliamo essere avversari di nessuno – conclude – perché è una occasione per parlare delle opportunità che l’Italia avrà con la riforma”. Nel caso di una sentenza correttiva additiva, che affermi l’incostituzionalità solo di alcune parti della legge, il referendum sarebbe nelle mani della Cassazione.
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