Cultura & Spettacolo

Il ritorno (e la storia) degli 883 conquista una nuova generazione

di Flavia Romani -


Un salto indietro di trent’anni che è piaciuto a tutti: non perché siamo ringiovaniti, abbiamo solamente visto la serie tv del momento, Hanno ucciso l’Uomo Ragno, – La leggendaria storia degli 883. La serie a puntate (otto in totale) di Sky, prodotta da Sky Studios e Groenlandia, conferma ancora una volta non solo il grande momento della casa di produzione, ma anche la grande abilità del regista Sydney Sibilia che per raccontare la storia del mitico duo degli anni ’90 ha vestito i panni di creatore, co-sceneggiatore, co-produttore e co-regista.
Un racconto di una storia che tutti noi abbiamo visto da fuori, sui palchi, in radio e in televisione e che ora invece ci è stata raccontata attraverso gli occhi dei protagonisti. È la storia di due giovani “sfigatelli” di Pavia, Max Pezzali (interpretato da Elia Nuzzolo) e di Mauro Repetto (interpretato da Matteo Oscar Giuggioli), due compagni di banco al liceo che hanno dato vita a una band “leggendaria” appunto, i cui successi dagli anni ’90 vengono cantati e ascoltati anche oggi, dopo trent’anni.
E non è solamente un modo di dire: a parlare sono gli stream. Perché insieme al grande successo in tv – con due milioni di spettatori medi a episodio – e i tantissimi commenti sui social che hanno reso viralissimi i vari spezzoni della serie, sono tornate in classifica anche le canzoni degli 883, le stesse la cui origine viene mostrata puntata dopo puntata nella serie tv. Non me la menare, Con un deca, Come mai, Hanno ucciso l’uomo ragno, risuonano sì tra i nostalgici e tra coloro che quei successi li hanno sentiti per la prima volta nel 1992, ma anche tra i giovani che ri-scoprono quel mondo analogico che ormai sembra lontano anni luce. Ma non è una nostalgia da guardare solamente con gli occhi tristi, è quel sentimento di riscoperta di un tempo in cui tutto era “più facile” perché incerto e avvolto dal mistero, regalando una sorpresa dopo l’altra.
La serie tv racconta la vita semplice di due ragazzi che dalla tavernetta arrivano al palco del Festivalbar, racconta la noia delle sere d’estate, una canzone promessa a una ragazza, la caccia a un rospo e la scelta di abiti di scena su cui fare più di una riflessione. Tutti elementi che potrebbero sembrare all’apparenza di poco conto, ma che formano un racconto ricco di vissuto e di vita di una generazione che trasmette nostalgia.
Non è necessario amare le canzoni e conoscere la storia degli 883 per vedere questa serie, che forse rappresenta una delle produzioni italiane migliori da molti anni a questa parte. E non finisce qui. Perché il finale di stagione, che culmina con il grande successo raggiunto nel 1992 e il concertone di chiusura all’Acquafan di Riccione, sembra giusto lasciare lo spazio a un qualcosa. E quel qualcosa è proprio una seconda stagione, confermata dallo stesso regista della serie, Sydney Sibilia che, dice, c’è ancora molto da raccontare.
“La stiamo scrivendo e fra poco la giriamo pure. Potrebbe arrivare tra un anno. Il bello deve ancora venire, abbiamo tutte le canzoni fighe ancora non citate”. Quindi tutti pronti per Nord, Sud, Ovest, Est.


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