Nessuno si sbilancia sul prossimo presidente americano
Gli occhi del mondo sono puntati sugli Stati Uniti, chiamati a eleggere il 47° Presidente americano della storia. L’attenzione sull’election day americano è massima, anche perché l’esito del voto non era così incerto da circa venti anni. Una circostanza che rende tanto più febbrili le ultime ore che precedono l’apertura dei seggi e dalla quale deriva una certa prudenza da parte dell’intera comunità internazionale. Se un vero e proprio posizionamento netto a favore di uno o dell’altro candidato alla Casa Bianca non si è mai registrato da parte dei vari governi o dei vertici delle istituzioni sovranazionali, questa volta, tra sondaggi che parlano di un testa a testa e bookmaker che rivedono di continuo le quote da assegnare ai due sfidanti, Kamala Harris e Donald Trump, la prudenza è ancora maggiore. A differenza di quanto non si dica pubblicamente, chi sarà eletto come prossimo presidente degli Stati Uniti farà la differenza sullo scacchiere mondiale e le politiche che metterà in campo, influenzeranno anche le relazioni con gli altri paesi. C’è quindi da scommettere che la colorazione dei vari stati americani, di rosso o di blu, sarà seguita con apprensione nel corso del lungo spoglio elettorale che determinerà chi sarà il vincitore tra l’attuale vicepresidente e l’ex presidente degli Stati Uniti. Nel frattempo, come detto, nessuno si espone e, anzi, quasi tutti tendono a restare in equilibrio sul sottile filo della diplomazia. Per esempio, il Segretario generale della Nato, Mark Rutte, nel corso di una conferenza stampa a Berlino ha detto che “chiunque vinca le elezioni presidenziali Usa, noi lavoreremo con Kamala Harris, noi lavoreremo con Donald Trump e faremo in modo che l’Alleanza resti unita”. Una posizione forse scontata, anche perché è altamente probabile che chiunque sarà il prossimo presidente americano avanzerà ai paesi europei una maggiore partecipazione in termini economici all’Alleanza Atlantica, anche se è difficile ignorare che Trump in più di una circostanza ha duramente attaccato l’Europa proprio su questo fronte. Proprio dal fronte europeo il portavoce capo della Commissione Ue, Eric Mamer, ha tenuto a precisare che “non è nostro compito appoggiare candidati o esprimere preferenze. Ci stiamo preparando per i risultati delle elezioni presidenziali Usa. Non commentiamo i risultati delle elezioni in Paesi terzi. Il nostro ruolo è essere pronti per qualsiasi risultato esca dalle elezioni Usa”. Linea rimarcata anche dal commissario europeo per gli Affari economici e monetari, Paolo Gentiloni, per il quale “qualsiasi sia il risultato” delle presidenziali americane “il rapporto tra Usa e Ue non sarà messo in discussione, al contempo siamo consapevoli del fatto che in questi anni si è sviluppato un quadro di relazioni multilaterali molto positivo e a cui l’Ue tiene moltissimo, ci auguriamo che non venga contraddetto dall’esito elettorale”. Guardando poi all’Italia, neanche il nostro governo si è sbilanciato sul prossimo presidente americano, con la premier Giorgia Meloni che ha più riprese ribadito come “indipendentemente” da chi uscirà vincitore dopo il voto di oggi “i rapporti tra Italia e Usa non cambieranno”. Se da un lato non è un mistero che l’attuale maggioranza su molti temi abbia un feeling maggiore con Trump, dall’altro, una vittoria del tycoon potrebbe incidere sull’attuale linea sui conflitti in Ucraina e Medio Oriente, mettendo in una posizione scomoda anche l’Italia. Certo, la linea dura sui migranti rappresenterebbe una spalla importante per la gestione italiana dell’immigrazione, questione che ultimamente ha avuto una certa eco anche nel resto d’Europa, ma ipotetici dazi Usa sui prodotti europei penalizzerebbero indiscutibilmente il Made in Italy. Insomma, schierarsi è difficile e di certo non conviene esporre l’intero Paese, tanto più alla luce dell’incertezza tra chi alla fine la spunterà tra Harris e Trump che sono invece apertamente sostenuti rispettivamente dai partiti di Elly Schlein e di Matteo Salvini.
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