La Spagna che è rimasta sola lancia fango e bastoni contro il re, la regina e Sanchez
Forse entrerà nei libri di storia che nessuno insegna più nelle scuole arrivando a quella recente il nome di Paiporta, il comune a 5 chilometri da Valencia dove stamattina si è consumato l’episodio che segna la massima distanza tra la gente comune della Spagna e le sue istituzioni: fango, pietre, bastoni e bottigliette d’acqua sono partiti dalla folla contro re Felipe, la regina Letizia e il capo del governo Pedro Sanchez.
Paiporta, ground zero della tragedia con Chiva, ha circa 23mila abitanti, chissà quanti di loro morti ufficialmente o ancora dispersi sotto il fango. Crebbe vertiginosamente nel suo assetto demografico negli anni ’60 – vorrà pur dire qualcosa – in seguito ad un massiccio fenomeno migratorio dal Nord Africa e dal Sud America.
Stamattina, un’altra scandalosa e sconcertante tappa del caos che regna in questa parte della Spagna colpita dalla Dana, mentre quella restante teme per le continue e ripetute allerte, è allarme rosso nella provincia di Almeria e pure a Sueca, Cullera e Gandia, a Catarroja e Algemesì la gente è stata invitata a rimanere nei piani alti delle case.
La conta dei morti non è finita (di sicuro hanno superato le 200 vittime), i dispersi sono ancora quantificati tra mille e duemila. Ci vorranno ancora e almeno 36 ore per drenare il parcheggio da 5mila e 800 posti auto del centro commerciale Bonaire ad Aldaya, non lontano da Valencia, già divenuto sui media di tutti il mondo un cimitero, il parcheggio della morte. I sommozzatori dell’Unità militare di emergenza che lo stanno ispezionando si fanno largo in acqua e melma che supera i 5 metri di altezza. Il sindaco di Aldaya, Guillermo Luján, ha detto che finora “non è arrivato nemmeno un briciolo di aiuto dalle istituzioni”.
Sotto accusa tutti, a sentire le voci dei contestatori di Paiporta che arrivano perfino a scusarsi con la regina Letizia che aveva pianto con le donne che ha incontrato e abbracciato. I social già bocciano da due giorni il governatore locale Carlos Mazon che aveva provato a sminuire la portata di quanto accadeva per non inimicarsi, nello schieramento politico che lo appoggia, il movimento Vox che ha una posizione negazionista sui cambiamenti climatici.
Paiporta ha fotografato la tensione. “Assassini!”: così i regnanti e il primo ministro sono stati contestati. Gli agenti di sicurezza hanno provato a proteggere la delegazione reale aprendo degli ombrelli dopo che il protocollo era stato violato ma la gente ha oltrepassato il cordone che era stato stabilito attorno ai reali e per garantire la loro sicurezza sono pure intervenuti agenti della Polizia Nazionale a cavallo, oltre a membri della Guardia Civil, mentre un gruppo di persone gridava in coro “dov’è Pedro Sánchez?”. Alla fine si infilerà in una vettura di scorta cui è stato infranto il lunotto posteriore con pietre e bastoni.
La Spagna che ha protestato è quella che ha gridato in piazza per essere stata lasciata sola. Il caos organizzativo regna ovunque. L’immagine della donna salvata dopo essere rimasta tre giorni in un’auto accanto al cadavere della cognata è emblematica di una macchina dei soccorsi in completo tilt. Numerosi gli episodi che sfuggono alla cronaca che rimbalza fuori dal Paese. Migliaia di volontari, arrivati perfino dagli Stati Uniti, bloccati sulle strade e impediti nel prestare soccorso. Squadre di vigili del fuoco di città vicino a Valencia pronte a partire con uomini e mezzi cui è stato vietato l’intervento nella zona. Operazioni di ricerca che vengono avviate e poi sospese in altre città di fronte all’ampiezza della catastrofe che si presenta di fronte ai soccorritori, cumuli di automobili ricoperte da melma e rifiuti, come accaduto a Sedavì. La polizia nazionale, impossibilitata ad arrivare ovunque per il fango che blocca le strade, ispeziona le zone più lontane con i droni e sta diffondendo video della refurtiva sequestrata alle decine di saccheggiatori arrestati: abbigliamento sportivo, telefoni cellulari. I sindacati chiedono per tutta l’area l’attivazione di uno scudo sociale e di una moratoria per i mutui.
Aldaya, la città del parcheggio della morte, diventa nel flash di El Pais, il simbolo di tante omissioni, colpe, trascuratezze. Non pioveva e, all’improvviso, pioveva. O almeno così è sembrato a chi, martedì sera, ha sentito il minaccioso fragore dell’acqua in una città che non ha registrato precipitazioni. La gente guardava il cielo senza trovare tracce della tempesta. Poi hanno guardato in basso dove un’ondata di acqua dolce avanzava e cresceva in altezza e larghezza, fino a diventare, con il fango, il segno della catastrofe. Con la corrente che si avvantaggiava di un’autostrada: la chiamano l’orrido della Saleta, l’eterna minaccia di un paese che invano aveva ripetutamente chiesto di tenerla lontana dal centro urbano.
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