Tajani attacca Zaia su terzo mandato, Autonomia e nucleare
Una sede più prestigiosa, quella dell’antica sede dell’Università di Padova al Bo, non c’era per una “lezione” centralista del vicepremier e ministro degli Esteri, oltre che leader di Forza Italia, Antonio Tajani, all’indisciplinato governatore veneto Luca Zaia, che non solo auspicherebbe il terzo (quarto di fatto) mandato, ma si allarga sull’autonomia fino a rivendicare spazi di manovra per la politica energetica (dicendo no al nucleare leggero caro invece al ministro) e per il commercio estero (idem come sopra per la porta in faccia). Com’è sua consuetudine Tajani non alza mai i toni, l’incedere dialettico è istituzionale (of course), ma il contenuto delle parole è pesante come macigni e devono fischiare le orecchie al governatore intellettuale, alle prese con il lancio del suo ennesimo libr0, guarda caso proprio sull’Autonomia, che da “madre di tutte le battaglie” definisce la “rivoluzione necessaria” per migliorare l’Italia e renderla ancora più concorrenziale con i colossi europei e mondiali.
TAJANI VS ZAIA – TERZO MANDATO
Invitato come relatore di prestigio all’incontro pubblico “Senza pace. Le guerre interrogano l’Italia”, organizzato dall’associazione culturale PadovaLegge di cui è presidente onorario il vicepresidente del Csm, Fabio Pinelli, dopo l’introduzione della rettrice Daniela Mapelli e del giornalista Pietrangelo Buttafuoco, presidente della Biennale di Venezia, è stato il ministro ad acuminare le parole. “Per noi la questione del terzo mandato non esiste – spiega Tajani con il consueto aplomb – perché in democrazia c’è l’alternanza. Due mandati mi sembrano sufficienti. Ne fa due anche il presidente degli Stati Uniti, Non parlo del Veneto, ma di tutti, anche Campania e Puglia”. Il ministro da tempo ha lanciato l’europarlamentare e coordinatore regionale FI ,Fabio Tosi, ma è il segreto di Pulcinella che il front runner è il senatore Luca De Carlo, senatore di FdI, dopo che il partito della premier ha sbancato nel 2022 ed anche alle Europee ha confermato la sua indiscussa leadership mettendo all’angolo la Lega che è doppiata.
TAJANI VS ZAIA – NUCLEARE E COMMERCIO ESTERO
Gli altri due temi caldi sui quali il leader azzurro non ha cercato tanti voli pindarici sono quelli della politica energetica e del commercio estero, sui quali Zaia si era pronunciato visto che non sono materie Lep e non hanno bisogno della fissazione dei costi e fabbisogni standard, pertanto, le Regioni potrebbero chiedere la delega per alcune funzioni al governo centrale. Sul commercio estero Tajani già qualche settimana fa era stato deciso, spiegando che esso rappresenta il 40% del Pil italiano ed è “necessaria una regia nazionale” per impedire la concorrenza tra le regioni. Anche l’altro giorno ha ribadito che “non credo possa essere una competenza delle Regioni, tanto che il Piemonte (a guida FI, ndr) ha già deciso di accantonarla, non inserendola tra le richieste di trasferimento delle funzioni. Le regioni – chiude Tajani – non possono sostituirsi allo Stato”. Quanto alla politica energetica e alla netta presa di posizione di Luca Zaia contro la possibilità che a Fusina, località di Porto Marghera, possa essere installato un micro reattore nucleare come ipotizzato dal presidente del Cnel, Renato Brunetta e dai ministri all’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin e delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il vicepremier ribadisce che “non è questione di Marghera o di siti, il nucleare è una scelta strategica dell’Italia, la politica energetica non spetta ai governatori, perché non sono loro a scegliere gli indirizzi. Anche perché noi come Forza Italia siamo favorevoli a un nucleare di ultima generazione, non impattante, che consenta di abbassare il costo della bolletta energetica agli italiani e rendere allo stesso tempo il nostro settore manifatturiero più concorrenziale”. Dunque, il messaggio diretto lanciato da Tajani all’alleato Zaia, e all’intero mondo leghista che all’autonomia guarda come la riforma madre, è molto chiaro e chiama direttamente in causa i mal di pancia di una parte della maggioranza sulla legge Calderoli, che pur essendo nel programma del centrodestra fino a quando non saranno fissati i livelli dei Lep, nella sostanza non decollerà.
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