Attualità

L’ANALISI – Elezioni in Georgia e Guerra Fredda

di Francesco Da Riva Grechi -


Il Sogno Georgiano, partito filorusso del premier in carica, Irakli Kobakhidze, è in realtà il sogno di Vladimir Putin e dei suoi alleati, a cominciare da quello più importante, Viktor Orbán, e si sta avverando. Non che la Georgia sia al centro dell’Europa ma è tuttavia strategica come paese di confine, altrettanto dell’Ucraina e come l’Ucraina teatro dei più convinti tentativi di democratizzazione repressi dalla Russia con la forza militare. Oggi il “lavoro” di Putin sta dando i suoi frutti visto che più o meno spontaneamente questi paesi si stanno allontanando non più dalla sua Russia, ma dall’Europa e dalla Nato, che non sembrano più in grado di difendere dal geloso zar, né la loro democrazia, né la loro popolazione. Ovviamente la burocratica Unione Europea alza un muro invalicabile contro queste democrazie illiberali cancellando ogni possibilità di dialogo e di trattativa. Assurdo, a parere di chi scrive, è anche il boicottaggio sistematico di ogni iniziativa di Orbàn che, come Presidente di turno del Consiglio dell’Unione europea, avrebbe una voce autorevole e ascoltata in tutto l’est. Eppure solo il governo italiano di centrodestra sembra sottrarsi al coro di no che riguarda tutto quanto accade o può accadere sotto l’influenza di Vladimir Vladimirovič Putin. Quale può esserne il motivo? L’oscura ambizione di interessare una leadership vigorosa come quella del Cremlino per organizzare marce su Roma, bombardamenti di gay prides o manifestazioni sindacali? Sembra di no, sembra piuttosto quello che si pu capire seguendo la politica estera del governo e gli innumerevoli viaggi della premier Giorgia Meloni e cioè l’obiettivo di un multilateralismo concreto ed inevitabile che comprenda anche chances di incontri e costruzione di rapporti con i lontanissimi Brics, l’insieme di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, ai quali da gennaio 2024 si sono uniti Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Iran, Egitto, Arabia Saudita e che rappresentano quasi metà della popolazione della terra, con circa 3,5 miliardi di persone, e costituiscono di gran lunga la forza economica più in crescita e attestata già al 35% dell’economia mondiale. Se ne è appena concluso il summit proprio in Russia, a Kazan, dove il padrone di casa non rischiava di essere arrestato per il mandato di cattura spiccato dalla Corte Penale Internazionale per i crimini dei suoi soldati in Ucraina. Accanto a lui, ignorati dai media occidentali, il presidente cinese Xi Jinping, il premier indiano Narendra Modi, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi, a numerosi altri leader internazionali. Si tratta di iniziative di pace e prosperità che rappresentano forze ineludibili di spinta dal basso di una nuova umanità eppure il nostro occidente sembra ciecamente orientato a chiudere qualsiasi pertugio di comunicazione ed a reprimere qualsiasi elemento di novità che allarghi lo status quo cristallizzatosi dopo la fine della seconda guerra mondiale, ormai quasi ottant’anni fa. Soprattutto l’Europa avrebbe tutto l’interesse a partecipare a queste iniziative per non essere schiacciata da un nuovo bipolarismo est – ovest molto più bellicoso di quello del secolo XX. Eppure anche il Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres, è stato praticamente linciato da noi per essere stato a Kazan.


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