PRIMA PAGINA-L’inchiesta su hackeraggi e dossier apre il vaso di Pandora
Più trascorrono i giorni e più l’inchiesta che gravita attorno alle attività della società milanese Equalize sembra destinata ad allargarsi. Quello che emerge dagli atti dell’indagine è un quadro delle cui reali proporzioni non ci si è probabilmente ancora resi conto. Oltre alle attività commissionate dai vari clienti a Pazzali e a quelle effettuate quasi a titolo di favori personali, come sembra si possa evincere dagli stralci di alcune conversazioni captate dagli investigatori, la mission quotidiana della banda sembra essere quella di recuperare e immagazzinare quante più informazioni possibile. Su chiunque e in tutti i modi, perché non si sa mai, magari una notizia finita in qualche dossier può tornare prima o poi utile. Le informazioni che andavano ad arricchire i vari report di certo provenivano in gran parte dalle intrusioni informatiche abusive in diversi database in uso alle procure e alle forze dell’ordine, come lo SDI, Serpico e altre banche dati nazionali strategiche. Ma molte altre venivano invece raccolte attraverso la ben più antica pratica della ‘tradizione orale’, sfruttando la rete che l’ex super poliziotto Gallo era riuscito a intessere negli anni praticamente con chiunque gravitasse attorno ai tribunali. Dagli stessi magistrati agli agenti di polizia giudiziaria, passando per gli uomini dei servizi segreti e per gli avvocati, molti dei quali venivano avvicinati per avere informazioni sui loro clienti, soprattutto nel caso di società interessate da fusioni, acquisizioni o da operazioni finanziarie di altro genere. Non a caso, l’elenco delle aziende a vario titolo coinvolte nell’inchiesta è infinito e contiene i nomi di alcuni tra i maggiori colossi italiani, di tantissimi imprenditori e di svariati politici. Perché come dicevamo, presto o tardi, tutto può tornare utile per avanzare richieste, per ricattare o, più banalmente, per far intendere al momento opportuno all’interlocutore giusto “guarda che so…”. Negli atti degli inquirenti si legge infatti che quanto acquisito dal gruppo finito sotto indagine è di portata “vastissima ed il materiale è ingente, soverchiante, per mole e contenuti”, al punto da lasciare intravedere “un quadro inquietante fatto di connessioni e rapporti oscuri che permetteranno di aggiungere tasselli importanti a vicende che hanno segnato la storia recente del nostro Paese”. Così come imponente è il numero di quanti sarebbero nel corso del tempo stati in qualche modo coinvolti nelle operazioni criminali, in particolar modo per quanto riguarda gli accessi a sistemi informatici in teoria protetti, non ancora tutti identificati secondo gli investigatori assegnati all’inchiesta. Una questione di cybersicurezza che alla prima occasione utile è sbarcata alla Camera, dove ieri c’è stato il Question Time con il ministro della Giustizia Carlo Nordio. “Quello dell’hackeraggio è un sistema che purtroppo ha colpito e sta colpendo il mondo intero”, ha detto il Guardasigilli nell’emiciclo di Montecitorio, che sugli eventuali rimedi normativi per fronte a questo fenomeno ha spiegato come “la tecnologia avanza a larghi passi e avanza più velocemente di quanto non avanzi la normazione da parte degli Stati, ed è un problema che noi cerchiamo adesso di risolvere, su questo c’è la mia assicurazione più completa sia a livello normativo che tecnologico”. A tal proposito “abbiamo già istituito tutta una serie di agenzie e stiamo investendo tutta una serie di cifre molto, molto importanti per realizzare questa sicurezza”, ha garantito Nordio dopo aver espresso la “più profonda preoccupazione per ciò che è accaduto e sta accadendo, che ritengo inaccettabile e inquietante, che costituisce un serio e concreto pericolo per la nostra democrazia”. Un rischio che con lo scoppiare dell’inchiesta intravedono in molti, tanto che in un Transatlantico gremito di deputati e senatori per la votazione di un giudice costituzionale, le opinioni sono più o meno unanimi: “Che fossimo tutti intercettati in barba a ogni regola – è l’idea comune che circola tra i parlamentari – era scontato, ma un simile sistema, così esteso, pervasivo e fuori controllo, non era immaginabile”.
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