Politica

PRIMA PAGINA-Schlein-Conte, da campo largo a campo minato

di Giuseppe Ariola -


C’è un elemento che accomuna Giuseppe Conte e Matteo Renzi – al di là dell’odio reciproco che contraddistingue i rapporti tra i due -, entrambi sono in grado di distruggere tutto quello che toccano. Riuscire a portare il centrosinistra a perdere le elezioni regionali in Liguria è solo l’ultimo esempio in ordine temporale dell’autolesionismo politico del leader del Movimento 5 Stelle, dettato proprio dalla conflittualità con Italia viva. Il che ha determinato la sconfitta di Andrea Orlando. Un risultato che, come hanno commentato i renziani suonando la carica all’indomani dello scrutinio da cardiopalma in Liguria, sarebbe potuto essere differente se non fosse stato irrimediabilmente condizionato dal veto grillino alla presentazione di una lista di Italia viva nella coalizione del campo largo. Una possibilità impossibile da verificare, ma che non si può escludere totalmente, almeno stando ai risultati delle recenti elezioni europee. Oltretutto, il veto che Giuseppe Conte e i suoi hanno addirittura trionfalmente rivendicato non è stato posto solamente in occasione delle elezioni in Liguria, ma riguarda anche le regionali in Umbria e in Emilia-Romagna che si terranno il 17 e 18 novembre. Un appuntamento nel quale il simbolo di Italia viva non comparirà sulla scheda elettorale, ma che vedrà i candidati renziani presenti nelle liste civiche a sostegno dei contendenti alla carica di governatore. Un modo, secondo la logica pentastellata, per mimetizzare l’alleanza con Renzi che invece c’è a tutti gli effetti come è evidente ai più. Ma anche un modo per accrescere il rischio che il campo largo faccia fare ai propri candidati la stessa fine a cui ha già destinato Andrea Orlando anche in occasione dei prossimi due impegni elettorali.

Mentre ancora incalza la polemica tra Movimento 5 Stelle e Italia viva, a finire sul banco degli imputati è anche il Partito Democratico, la cui segreteria Elly Schlein è nei fatti la garante – termine e ruolo particolarmente indigesti a Conte negli ultimi tempi – della coalizione di sinistra. La numero uno del Nazareno è infatti oggetto di critiche sempre più serrate per aver, sebbene silenziosamente, avallato i desiderata grillini che, oltretutto, all’esito degli scrutini liguri hanno registrato un nuovo crollo. Circostanza che rende tanto più difficile digerire i diktat di un partito ai minimi storici in termini di consenso, che tende a prevalere sugli alleati del campo largo con un’arroganza forse addirittura maggiore di quella di Matteo Renzi e che sembra seguire la logica del tanto peggio tanto meglio. L’aria in casa dem si fa, infatti, sempre più pesante e se quanto accaduto in Liguria fa dire al diplomatico presidente del Pd Stefano Bonaccini che “questo risultato mancato per un soffio deve far riflettere (e agire) per fare un passo avanti risolutivo nella costruzione di un centrosinistra nuovo, capace di vincere”, altri hanno reagito in maniera molto meno pacata. Il senatore Alessandro Alfieri, per esempio, non si sottrae dal puntare il dito contro il prevalere dei veti ai quali è “è seguito un errore politico: pensare che si dovesse scegliere tra il 6% di Conte e il 2% di Renzi”. E proprio il “no al leader di Iv sarebbe stato inevitabilmente percepito – e quindi strumentalizzato – come un no alla parte centrista della coalizione” è il j’accuse del componente della segreteria del Pd che invoca “una discussione seria” subito dopo le sfide in Umbria e in Emilia-Romagna. Debora Serracchiani appare invece moderata nei toni e molto più netta nella sostanza: “Va chiarito con tutti, alleati attuali e potenziali, se la volontà di creare l’alternativa a Meloni e alla destra viene prima, è autentica oppure è inquinata da personalismi e tattiche di sopravvivenza”, chiede la deputata per poi sentenziare che “l’interdizione non è più un’opzione accettabile e qualcosa va rivisto nel rapporto con un mondo di cosiddetti ‘moderati’ che non è un blocco compatto né una sigla. Sono aree d’opinione che esistono, hanno storie e identità, e pure dei voti”.


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