Federico Iadicicco (Anpit): “Europa al bivio, Green Deal sbagliato”
A margine della chiusura della kermesse di tre giorni (23-25 ottobre) di “Economica: la Crescita Felice” promossa da Anpit, alla Casina Valadier a Roma, che ha riunito esperti del settore, accademici, politici e fisici del calibro di Antonino Zichichi, per discutere modelli economici sostenibili che non solo promuovano la crescita, ma favoriscano anche una qualità della vita elevata per la popolazione, abbiamo raggiunto Federico Iadicicco, presidente dell’associazione nazionale per l’industria e il terziario. Una lunga chiacchierata su temi caldi e punti chiave della nostra economia, che già spoileriamo, a partire dalla manovra di bilancio, la natalità, l’inserimento del mercato del lavoro, le PMI, le tassazioni, con un occhio critico rivolto alla Bce, all’unione europea e al Green deal.
Qual è stata la mission del convegno “Crescita Felice”?
È l’annuale festival di economia che organizziamo. Stavolta abbiamo pensato a un futuro migliore. Siamo riusciti a unire istituzioni, economisti, imprenditori e docenti per discutere i grandi temi dell’economia, con un focus particolare sul concetto di crescita economica, felice appunto e sulla sua sostenibilità coniugando con l’equità e la giustizia sociale. Abbiamo voluto lanciare una provocazione, su come immaginare un modello economico felice che integri tutti questi aspetti.
Cosa pensa della manovra?
Bisogna partire da un presupposto iniziale, cioè che noi, come anche le altre nazioni, subiamo il vincolo esterno. Nel nostro caso, il patto di stabilità che è stato rinnovato, è fortemente criticato da noi, perché pensavamo che la stagione della pandemia avesse in qualche maniera aperto una breccia critica rispetto alle politiche di austerity. Invece ci siamo ritrovati di nuovo nelle medesime situazioni.
Oltre al vincolo esterno?
Nonostante queste limitazioni, il governo ha fatto progressi, in particolare nell’aumentare i redditi disponibili attraverso il bonus del cuneo fiscale e la riduzione dell’IRPEF, attraverso il primo modulo della riforma fiscale. Noi chiediamo di accelerare e di portare quest’anno già una riduzione della pressione dal 35 al 33 sullo scaglione fino a 50.000 euro per incentivare ancora più i redditi disponibili. Buona l’importanza di interventi diretti sulla natalità, poiché la diminuzione della popolazione attiva rappresenta una sfida per il futuro del Paese e del welfare. Inoltre, auspichiamo un intervento urgente sull’IRAP, che è una tassa iniqua, e un supporto alle piccole e medie imprese per affrontare le sfide dell’innovazione e del cambiamento tecnologico.
Ha elencato la natalità. Nella legge di bilancio oltre 1,5 miliardi per famiglia, pari opportunità. Bastano?
Questo è un tema cruciale per il futuro dell’Italia e dell’Occidente. La diminuzione progressiva di nascite non solo comporta una riduzione della popolazione attiva, ma rende anche difficile sostenere il sistema di welfare, poiché cresce la popolazione passiva senza un adeguato supporto da parte di lavoratori attivi. Il nostro centro studi, prendendo i dati Istat, è arrivato alla conclusione che negli ultimi 30 anni, tra 18 e 30 anni, l’Italia ha perso circa 3 milioni di persone, quasi l’intera città di Roma, nella fascia di età che è quella che caratterizza l’ingresso del mondo del lavoro, la crescita, la formazione, significa un danno ineguagliabile per l’economia. Pertanto, le politiche sulla natalità sono fondamentali per affrontare queste sfide, senza tralasciare l’importanza di politiche mirate che possano aiutare le Pmi a entrare nella fase di innovazione e cambiamento, in un contesto di rapidi sviluppi tecnologici.
Proprio le Pmi scricchiolano. Alcuni settori, il manifatturiero, è in battuta d’arresto con chiusure che sforano il 33%, per non parlare di tutte le piccole e medie aziende che hanno chiuso per debiti, fallimenti e liquidazioni.
Le Pmi sono il vero motore per l’economia italiana. Bisogna supportarle, sostenerle, soprattutto nella fase di innovazione e cambiamento, come quella della tecnologia: intelligenza artificiale e metaverso. Inoltre, come ho già detto, l’Irap è iniqua. Penalizza le imprese che assumono più lavoratori. Questo è assurdo. La sua riduzione o cancellazione, insieme a politiche industriali che supportino le Pmi nell’affrontare le sfide dell’innovazione, saranno la spinta economica per il loro rilancio o sarà una debacle. La riduzione della pressione fiscale sulla persona fisica è uno strumento per aiutare le imprese, perché aumentando il reddito disponibile aumentiamo i consumi e cerchiamo di andare nella direzione della crescita.
La Bce ha deciso di tagliare i tassi di interesse di altri 25 punti base. Cosa ne pensa?
La Bce deve essere ristrutturata e diventare un “credito di ultima istanza”, assumendo un ruolo più attivo e responsabile nel sostenere l’economia.
E l’Ue
È un “grande ammalato”. Ha bisogno di riforme per evitare un declino inesorabile.
Cioè?
L’Europa si trova di fronte a un bivio e forse chi governa i paesi europei non ha chiara ancora questa cosa. Si può cedere la sovranità nazionale solo in cambio di quella popolare, cioè di meccanismi di maggiore democrazia interna. Bisogna creare politiche estere, sociali, politiche di difesa, politiche migratorie comuni. Non è possibile andare in ordine sparso. D’altra parte sono i fatti che lo confermano. Di fronte alla pandemia, alle grandi crisi geopolitiche, a quello che sta accadendo in Russia e in Ucraina e in Medio Oriente, l’Europa praticamente è irrilevante.
Il Green Deal europeo punta al rilancio dell’economia sostenibile per un’equità. È la sua idea di “crescita felice”?
No. Quanto ci può danneggiare se davvero Bruxelles intenda perseguire ulteriormente la follia di questa politica? Vede la discussione sul cosiddetto green deal, che poi è sulla sostenibilità, sull’ambientalismo, è un approccio completamente sbagliato.
Il motivo?
È soprattutto di natura ideologica, poco concreta e non attinente alla realtà per chi fa impresa, ma soprattutto per i lavoratori, che dovrebbero cambiare le automobili non avendo le risorse per farlo. Penalizza soprattutto le fasce deboli. Pensiamo all’auto elettrica, che è oggettivamente già superata, con la tecnologia, perché ha dei limiti evidenti. Banalmente immaginiamo se nella città di Roma, domani sera tutti dovessimo ricaricare l’automobile elettrica. Sarebbe praticamente impossibile. Non solo per la carenza di colonnine per soddisfare una metropoli, ma per i tempi lunghissimi ed estenuanti, ore e ore per ricaricare un’auto, quando siamo abituati a fare il pieno in pochi minuti. Oltre a questo, per lo smaltimento delle batterie servono punti di raccolta specializzati. Una follia che, anziché migliorare la qualità e i bisogni del lavoratore, gli toglie ore di vita.
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