Cultura & Spettacolo

Teatro e Naturalismo, la verità senza filtri per André Antoine

di Michele Enrico Montesano -


Il Naturalismo è un movimento culturale e artistico nato in Francia nella seconda metà del XIX secolo. L’obiettivo era quello di rappresentare la realtà nel modo più oggettivo possibile, un’applicazione diretta e pratica – seppur in ambito letterario – del positivismo di Comte. Per il filosofo francese solo i fatti dimostrabili attraverso l’esperienza sensibile e l’osservazione possono essere considerati oggetto di conoscenza. Così il Naturalismo di Zola, de Maupassant e i fratelli de Goncourt, tra i maggiori esponenti, trattavano i personaggi e le loro vicende come oggetti di osservazione scientifica. Per i naturalisti, gli esseri umani sono condizionati dall’ambiente sociale in cui vivono. L’esistenza è determinata da leggi naturali e scientifiche. Pertanto, nei loro scritti, mostravano la realtà in maniera cruda e schietta. Senza fronzoli o abbellimenti. Il fine ultimo è la verità. Essi cercavano di entrare il meno possibile nelle storie, si prefiggevano il compito di essere dei meri servitori della realtà. Pochi sanno che il Naturalismo prese piede non solo nella letteratura ma anche nel Teatro. André Antoine, fondatore del Theatre Libre a Parigi nel 1887, ne era il massimo esponente. Ricalcando i geni della letteratura, portava in scena il realismo, l’attenzione ai dettagli, la fedeltà a ritrarre la vita quotidiana ma soprattutto il rifiuto di qualsiasi artificio scenico, di qualsiasi convenzione. L’intento dell’attore e regista originario di Limoges era quello di far sentire il pubblico come se stesse assistendo a una scena di vita reale. Per raggiungere quest’obiettivo, utilizzava veri oggetti di scena con i quali gli attori potevano interagire, le scenografie erano realistiche e anche la luce e l’emissione vocalica tendevano a ricreare un ambiente naturale. Antoine rifiuta lo stile recitativo tradizionale, declamatorio. Predilige toni più naturali, colloquiali, quotidiani. Più che rappresentare, i suoi attori dovevano vivere le emozioni. Psicologicamente c’è uno scarto importante. Lo spettatore per la prima volta si calava dentro la scena, gli attori attingevano dal loro bagaglio emotivo e non più materiale, creando una rappresentazione intima e reale dove l’intrattenimento cedeva il passo alla riflessione. Il Teatro diventa capace di catturare l’essenza umana. Altro aspetto importante era il testo. Recitato rigorosamente nella sua integrità, senza modifiche o adattamenti che seguivano i dettami del divismo attoriale. La quarta parete era sempre presente, talvolta gli attori recitavano, se necessario e coerente con l’azione scenica, senza curarsi dello spettatore. Si trovavano così di spalle o, come si dice in gergo, impallandosi a vicenda. Per sottolineare l’importanza dell’autore/regista e per come Antoine vedeva gli attori, è eloquente una lettera che scrive a Charles Le Bargy, noto attore della Comédie-Française, nel 1893: “Gli attori non conoscono mai nulla delle pièces che devono recitare. Il loro mestiere è semplicemente di recitarle, di interpretare il meglio possibile dei personaggi la cui concezione sfugge loro; essi sono in realtà dei manichini, delle marionette più o meno perfezionate, a seconda del loro talento, che l’autore abbiglia e agita a suo piacere. L’ideale assoluto dell’attore deve essere di diventare una tastiera, uno strumento meravigliosamente accordato, che l’autore suonerà a suo gradimento. È sufficiente che una educazione materiale abbia sciolto fisicamente il suo corpo, il suo volto, la sua voce e che una educazione intellettuale conveniente l’abbia messo in condizione di comprendere semplicemente ciò che l’autore lo incarica di esprimere. Se gli è chiesto di essere triste o allegro, egli deve, per essere un buon attore nel senso esatto del termine, esprimere al livello più alto la tristezza o l’allegria, senza valutare perché questi sentimenti gli sono chiesti. Questo, è affare dell’autore, che sa ciò che fa e resta il solo responsabile davanti allo spettatore.”


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