Attualità

Dal 2011 emigrati per scelta di vita e lavoro 550mila giovani, oltre un terzo dal Nord

di Angelo Vitale -


In tredici anni, dal 2011 al 2023, 550mila giovani italiani di 18-34 anni sono emigrati all’estero. Oltre mezzo milione, un dato sconfortante se non inquietante. Al netto dei rientri che poi pure sono avvenuti, alla fine sono comunque 377mila. E’ il famoso “capitale umano” che abbiamo perso, gli corrisponde un valore di 134 miliardi, cifra che potrebbe triplicarsi se si considerasse la sottovalutazione dei dati ufficiali. Sono i dati del Rapporto 2I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero” che ha realizzato la Fondazione Nord Est.

Una fotografia che rivela pure la scarsissima “appetibilità” dell’Italia per i giovani degli altri Paesi avanzati. Per ogni giovane che arriva da noi da questi Stati, infatti, otto italiani fanno le valigie e vanno all’estero. L’Italia si piazza all’ultimo posto in Europa per attrazione di giovani, accogliendo solo il 6% di europei, contro il 34% della Svizzera e il 32% della Spagna. E’ un’emigrazione intensa e inedita, con metà di chi parte che è laureato e un terzo diplomato, provenienti principalmente dalle regioni del Nord, un’altra significativa circostanza che inverte anche la realtà finora percepita di un Mezzogiorno desolato abbandonato dai giovani di più rispetto alle altre aree del Paese. Invece, il 35% dei giovani residenti nel Nord Italia è pronto a trasferirsi all’estero per le migliori opportunità lavorative (25%), le opportunità di studio e formazione (19,2%) e la ricerca di una qualità della vita più alta (17,1%). Solo il 10% considera il salario più elevato come principale ragione per l’espatrio. I giovani settentrionali che sono emigrati stanno poi nettamente meglio di chi rimane in Italia: il 56% degli expat si dichiara soddisfatto del proprio livello di vita, contro solo il 22% dei giovani che sono rimasti in Italia.

E chi parte custodisce giudizi negativi sul nostro Paese, anche perché tra chi è andato via per scelta solo l’1% lo ha fatto per necessità. Forte è la critica verso il provincialismo culturale italiano (se rientrassi, “non troverei un ambiente aperto, internazionale”), expat e giovani residenti al Nord concordano nel condannare le politiche per i giovani, bocciata senza appello la cultura imprenditoriale italiana.

Una piena sconfitta, su questo versante, del sistema di formazione e orientamento al lavoro che nel nostro Paese è quasi sempre solo un auspicio.


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