Esteri

Obama come Schlein: i duetti stonati dem

di Rita Cavallaro -


Canta che ti passa: i dem del mondo le tentano tutte pur di cercare di raggranellare consenso in un elettorato stufo del politically correct e del migrantismo d’accatto. Da Washington a Roma emerge una strategia comune, per fermare l’avanzata di Donald Trump oltreoceano e intaccare quel consenso granitico di Giorgia Meloni dopo due anni di governo. La parola d’ordine è duetto, per cercare di comunicare in rap quello che la sinistra non è più in grado di fare con le parole, il più delle volte incomprensibili agli elettori. Così Barack Obama sale sul palco, al fine di coprire con la musica le risate isteriche di una Kamala Harris sempre più allo sbando, un candidato così inadeguato da perdere perfino il consenso tra gli afroamericani, la cui maggioranza, secondo gli ultimi sondaggi, il prossimo 5 novembre voterà Trump. E allora eccolo lì l’abbronzato Obama, un Elly Schlein che ce l’ha fatta, se non altro perché, a differenza della segretaria dem, la sua performance canora non ha rotto i timpani degli elettori. Senza contare la scelta dell’artista per l’endorsement. Che se in Italia Elly ha rovinato la canzone del povero J-Ax di turno, Obama l’ha sparata grossa con quel rap a due con Eminem. Un colpo da maestro che ha ben poco a che fare con quelli sparati contro Trump, il miracolato scampato agli attentati che, tra gli idealisti della supremazia americana, è diventato l’unto del Signore, l’uomo che si è salvato e che “In hoc signo vinces”, come disse Dio a Costantino. Insomma, il tycoon gode di una sorta di benedizione dall’alto in grado di infondere speranza e la sensazione che potrà portare gli Usa a tornare di nuovi grandi. Quell’America first che è lo slogan dell’ex presidente, appunto. Di fronte a questo, ci vuole ben altro di un duetto con Eminem per conquistare la Casa Bianca, in una corsa senza esclusione di colpi in cui in campo ci sono big più big del rapper bianco che vuole conquistare i neri. Tra tutti Elon Musk, patron di Tesla e pioniere della conquista dello spazio. Musk è impegnato in un endorsement meno musicale e più fattuale. E sta facendo impazzire i dem con la sua lotteria pro-Trump: sta regalando un milione di dollari ogni giorno a un fortunato elettore repubblicano estratto a sorte. Altro che le mancette italiche del reddito di cittadinanza grillino. I dem sono su tutte le furie e gridano alla compravendita dei voti. Non bastava il sopravvissuto agli attentati, ora devono combattere pure contro Elon.
E quando il gioco si fa duro… si ricorre al boicottaggio. La notizia è deflagrata ieri ed è di quelle destinate a scatenare i peggiori istinti dei complottisti. Un sito americano ha svelato il “Kill Musk’s Twitter”, ovvero una strategia elaborata dagli inglesi per demolire X, la piattaforma social di Elon Musk, prima delle elezioni Usa2024. I documenti pubblicati sarebbero la prova che alcuni consiglieri britannici di Kamala Harris sarebbero pronti a sferrare l’attacco a X e a coordinarsi con i democratici sulle leggi sulla disinformazione online. Al centro del complotto contro il sostenitore numero uno di Trump c’è la società CCDH, un gruppo con sede nel Regno Unito e che avrebbe legami con il primo ministro Keir Starmer. Fake news o attacco alla libertà di parola e alle piattaforme tecnologiche statunitensi? Che poi è la stessa propaganda che i dem, in questi anni, hanno portato avanti, facendo aleggiare su Trump e sulle ultime elezioni il fantasma delle interferenze russe e dei troll dello Zar, che avrebbe ordito un piano per minare la più grande democrazia del mondo. E ora si trovano al centro di una spy social story. Vero o non vero, poco importa, perché la notizia è stata rilanciata proprio su X dal capo Musk, che ha bollato CCDH come un’organizzazione criminale. E il post, con il link all’articolo, è stato retwittato da milioni di persone. Che gli X-files, si sa, tirano più di un duetto rap stonato.


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