Cronaca

Napoli, la ferocia del boss 16enne: uccide l’amico e lo brucia

di Ivano Tolettini -


Il 16enne “boss” di Pianura, Napoli, era già stato coinvolto in un tentato omicidio. Il ragazzo è stato di nuovo arrestato

Nella Napoli violenta dei quartieri periferici, quelli a più alta densità camorristica come Pianura, dove i giovani cominciano ad atteggiarsi boss e per dar prova di assoluta arroganza in favore dei clan dispotici decidono di sparare per uccidere anche chi conoscono da piccoli e con cui hanno consuetudine, per dimostrare di avere la personalità da duro, succede che un 16enne, nonostante i sodali dello spaccio lo implorassero di non sparare per non attirare l’attenzione delle forze dell’ordine, fa fuoco e ammazza l’amico d’infanzia reo a suo dire di uno sgarro da lavare con il sangue. “Me lo hanno ordinato i più grandi del clan di sparare e fargliela pagare”, si difende davanti agli investigatori che gli notificano l’ordinanza di custodia cautelare. Subito dopo, era il 31 agosto scorso, per far sparire ogni traccia del delitto ed impedire di risalire a lui, decide anche di bruciare il corpo del malcapitato Gennaro Ramondino, la cui vita è stroncata da tre fori di proiettili.

ANTIMAFIA – A quasi due mesi dal raccapricciante episodio e alla scoperta dei poveri resti di Gennaro, la Polizia, coordinata dall’Antimafia di Napoli, ha dato esecuzione a un fermo di PM nei confnronti del sedicenne che già si trovava ristretto nel carcere minorile per avere partecipato a un altro grave fatto di sangue, come il tentato omicidio di Luca Battista, 16enne in rapporti con un altro baby boss come Massimiliano Santagata, finito nel mirino del clan camorristico che si rifà al ragazzo fermato, per essere l’esecutore materiale dell’omicidio. Dunque è ancora un minorenne, dopo quello che è stato catturato l’altro giorno dai carabinieri di Como perché avrebbe ucciso un commerciante di 76 anni della frazione di Catasco di Garzeno, a ergersi a negativo protagonista di un fatto di cronaca conclusosi nel peggiore dei modi. I poliziotti sarebbero risaliti al 16enne grazie anche al fermo di un altro sospettato, in questo caso un maggiorenne, che è finito sotto inchiesta per favoreggiamento, occultamento e distruzione del cadavere di Ramondino, il quale dopo essere stato ucciso in via Comunale, è stato trasportato in un luogo ancora più periferico ed isolato, dove gli è stato dato fuoco per cancellare le tracce.

LE CONFESSIONI – Sia il maggiorenne fermato per primo, che lo stesso boss omicida 16enne, hanno riferito agli investigatori come sono avvenuti i fatti. I poliziotti dopo le ammissioni dei principali indagati, hanno bloccato i due giovani impegnati nella gestione da piccolo cabotaggio della compravendita di droga. Si apprende che i due indagati abbiani manifestato l’intenzione di collaborare in un percorso complesso per ritrovare se stessi. La Polizia ha ritrovata l’arma usata per l’omicidio, e anche questa, al pari del corpo della vittima, era stata seppellita in una zona di campagna di Pianura. Del resto, come ha sottolineato in passato l’ex boss Giuseppe Misso, “le vecchie famiglie restano, ma l’età dei nuovi guappi è da scuola media, poiché tutti gli altri sono in galera o pentiti”. Di modo che, come nel caso dell’uccisione di Gennaro Ramondino, accade che un 16enne ambizioso disposto ad uccidere pur di fare carriera, si accomodi alla mensa della violenza e del terrore partenopeo, e non avverta alcun disvalore nell’esplodere alcuni colpi di pistola per far fuori un amici d’indanzia e quindi trasportare in campagna e bruciare il suo corpo come “un vero boss”. È una realtà di assoluto degrado sociale e umano, come quella delle periferie di una città di oltre un milione di abitanti, in cui si alimenta la manovalanza criminale per un’industria che prospera con il redditizio traffico della droga e le estorsioni ai danni del settore commerciale. “Me l’ha ordinato il boss di sparare a Gennaro”, confessa l’adolescente arrestato sul finire dello scorso settimana. E poco importa che gli amici lo implorassero di non sparare.


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